Nei secoli lontani, prima della glaciazione, c’era una cosa chiamata “Unione Europea”.
Oh, lo so che non avete nessuna voglia che io vi racconti la storia dell’Unione Europea – dopotutto, probabilmente state leggendo questo articolo per via dell’allusione alle mie mutande.
Beh, niente mutande per adesso. Però tranquilli: dopo c’è addirittura la foto.
Adesso invece parliamo dell’Unione Europea.
Non ci metteremo molto, ve lo prometto.
Anche perché, per quanto mi riguarda, non ho la minima idea di cosa fosse l’Unione Europea.
E come non ce l’ho io, non ce l’avete voi, e non ce l’ha nessuno.
Sono passati troppi, troppi secoli. Con in mezzo addirittura una glaciazione.
Tutto quello che possiamo immaginare è che, moltissimo tempo fa, le nazioni della vecchia Europa fossero stanche.
Stanche di millenni passati a massacrarsi reciprocamente in guerre, invasioni e carneficine di vario genere.
Stanche di secoli di contese, dispute, scaramucce e dispettucci vari.
Stanche di decenni di trattati economici, commerciali, tecnologici, finanziari, politici e legali, che forse lasciarono meno morti sul campo ma di certo sfibrarono intere generazioni.
E stanche infine di anni di pace presunta e di collaborazione di facciata, spesi in realtà a spiarsi ed annusarsi sospettosamente le terga – la mano destra tesa in segno di amicizia, la sinistra ben chiusa sopra al portafoglio.
Per cui, stanchi di tutta questa stanchezza, gli Stati d’Europa decisero un bel giorno di rinunciare alla propria sovrantà nazionale e di fondersi anima e corpo in una grande e gloriosa Unione.
(Ovviamente, non sappiamo con certezza se le cose andarono effettivamente così.
C’è anche chi dice che questa voglia di unirsi non fosse altro che spirito di emulazione nei confronti degli altri Stati Uniti, quelli d’America.
E c’è invece chi sostiene che fu una scelta obbligata dovuta al movimento delle placche tettoniche, che spinsero fisicamente le varie nazioni una addosso all’altra.
Ma è passato tanto di quel tempo. Chi può dirlo, ormai?)
In ogni caso, possiamo avere dei dubbi sul come e sul perché si sia formata l’Unione Europea, ma non sulla sua concreta storicità.
Innumerevoli reperti – frammenti di documenti, schegge di atti, protoni di delibere – lasciano intravvedere oltre ogni ragionevole dubbio le favolose vestigia di una struttura politico-amministrativa ricca e articolata.
I documenti scongelati alludono infatti a un Parlamento Europeo, un Consiglio d’Europa, una Commissione Europea, un Consiglio dei Ministri Europei, dodici partiti, otto frazioni, una ventina di correnti, un numero imprecisato di commissioni, direttorati e panel, e un pugno di club delle Giovani Marmotte.
Tanta complessità, tocca dirlo, un po’ ci spiazza. O questi antichi europei erano talmente sofisticati che noi, oggi, non riusciamo a seguirli, o erano dei gran casinisti.
(La risposta non è semplice. Recenti scoperte sul fronte interno mostrano che, proprio in quegli anni, nel nostro amato paese ci fosse chi lamentava che due camere fossero già troppe…)
Ma in effetti la struttura amministrativa della leggendaria Unione Europea ci interessa fino a un certo punto. Quello che affascina noi, gente del post-glaciazione, che il disgelo ha sparpagliato in giro ognuno sul suo iceberg, è l’idea di vivere in una enorme comunità multinazionale di (pensate!) oltre cinquecento milioni di persone.
L’emozione e l’orgoglio di essere tutti figli di una patria così grande devono essere stati qualcosa di straordinario, cose per noi impossibili da immaginare.
Eppure piacerebbe a tutti sapere qualcosa in più questa Unione.
Per esempio, ci piacerebbe sapere che lingua parlassero gli Europei Uniti – perché, in quanto cittadini di un’Unione, avranno certamente parlato tutti la stessa lingua.
Ci piacerebbe sapere cosa mangiavano, nelle province orientali come in quelle occidentali, da meridione a settentrione: probabilmente un Menù europeo unico, frutto di un mirabolante Euroricettario Gastronomico Unificato.
E ci piacerebbe sapere in che cosa credessero, tutti quanti. Chi erano i santi europei, in che tipo di chiese venissero venerati, e dai sacerdoti di quale euroculto.
E poi, naturalmente, ci piacerebbe sapere a quali leggi obbedissero, i Cittadini d’Europa.
Disgraziatamente non conosciamo il Codice Civile Comunitario, l’indispensabile pietra angolare di qualsiasi unione politica.
Non conosciamo nemmeno il corpo Legislativo Penale Europeo, che come membri di un’Unione non potevano non avere.
Purtroppo ignoriamo completamente anche le Leggi Uniche sul Lavoro, i programmi scolastici unitari, il Codice della Strada Comunitario e il Regolamento Europeo Unificato sul Modo di Contare i Punti nel Burraco.
E non sappiamo neanche quanto pagassero di tasse questi europei uniti – dal lappone al siculo, è lecito immaginare, un’aliquota unica, equa e parificata.
Tutto quello che sappiamo è che avevano un moneta unica, il leggendario “Euro”.
Vi pare poco? Beh, non direi proprio.
Quando popoli diversi abbandonano le loro monete tradizionali in favore di una divisa unica, significa che ormai tutto il resto lo hanno già integrato. Di solito funziona così.
Il denaro è il cemento di una società. Ma non è mica il mattone, il tondino, o il coppo dei tetti.
Prima ci si mette d’accordo su tutto il resto, POI come sigillo definitivo della nuova consìcordia si passa adirittura alla moneta comune.
Come diceva l’antico studioso Francis Fukuyama, la Storia è Storia, mica pugnette.
Eppure anche la Storia, a volte, ha le sue falle.
Avrete sicuramente presente i famosi “reperti impossibili”, quelli che alimentano la fantasia dei complottisti e le speculazioni dei fanatici.
Meccanismi di precisione rinvenuti tra il fango di resti mesopotamiche, teschi di cristallo appartenuti a civlità che avevano già i loro problemi a pelare decentemente una papaya, rappresentazioni di astronauti tra i geroglifici delle piramidi egizie, dischi volanti nelle tavolette assire, e calcoli differenziali sui tovagliolini della mensa di scuole parificate.
Oggetti incongrui, sconvolgenti e blasfemi che fanno la fortuna di trasmissioni e rubriche deliranti di ogni ordine e tipo.
(presto nuovamente in onda)
Ebbene, anche nella straordinaria ricostruzione della storia dell’Unione Europea è stato rinvenuto uno sconvolgente “reperto impossibile” che oggi ho il piacere è l’onore di presentarvi.
Perché si tratta di niente di meno che la foto delle mie mutande.
(Ooh, finalmente!)
Dico “mie” per ragioni affettive, evidentemente.
In realtà sono probabilmente appartenute a un mio antenato dell’epoca, uno sconosciuto uomo degli Anni Miopi.
Esaminatele con attenzione.
Perdetevi nella loro contemplazione.
Beatevi di ciascun dettaglio.
E cercate di cogliere la sottile ironia di un continente che si faceva chiamare “Unione”, ma che di fatto aveva ancora parecchia strada da fare quanto a mettersi d’accordo anche solo sul modo di misurare la circonferenza delle (mie) auguste chiappe.
Mi mettessi a scrivere d’Europa potrei diventare scurrile – pesantemente scurrile – per cui eviterò. Però una cosa la devo ammettere… metti giustamente in luce difetti macroscopici che non tutti vogliono vedere, anche se sarebbe più corretto scrivere “su cui vorrebbero convincerti altrimenti”. E poi questa cosa da unione a tutti i costi m’ha sempre fatto venire l’orticaria, soprattutto se bisogna passare dall’appiattimento anch’esso a tutti i costi… sto studiando dei regolamenti europei e veramente c’è da picchiare la testa contro il muro 😦
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E pensare che nel 1992 sembrava che il mondo fosse lì lì per trasformarsi…
Per chi come me si sentiva già cittadino d’Europa a furia di fare su e giù con l’Interrail, era come la notte prima di Natale. Non esisteva ancora l’Euro, la monetona unica candidata era l’ECU, e l’entusiasmo era alle stelle.
Poi arrivarono i burocrati, i parametri da rispettare, il prelievo dai conti correnti, le istituzioni più incasinate del cosmo, le misure standard per i bassotti e la mortadella, e i rimborsi di missione per una nuova affollatissima classe di fancazzisti.
L’avevamo immaginata diversa.
Poteva andare meglio.
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Poteva andare decisamente meglio, se non altro il modo in cui tutto questo era stato dipinto lasciava presagire che qualcosa di buono potesse esserci. Lo capisco ed effettivamente devo ammettere che anche io ho sentito quell’entusiasmo. Nel mio piccolo, s’intende, e soprattutto perché sono sempre stata piuttosto fiera delle culture europee in generale, ognuna con le sue diversità. Sarò banale, anzi, voglio essere banale: non sappiamo gestire le diversità nel nostro paese, visto che sono state perennemente cavalcate per creare sistemi clientelari spaventosi, come possiamo pretendere che tutti i paesi di un’unione come questa vogliano stare a braccetto tutti insieme appassionatamente? Regole comuni? Regolamentazione coatta del mercato? Io non sono un’esperta di economia e non saprei spiegarti nulla, al massimo posso dirti cosa leggo per farmi inca***re di più ogni giorno che passa… Però certe cose le vedo anch’io e difficilmente mi farò convincere dall’imbonitore di turno. Si parlava di fantascienza? la fantascienza è un bel vaccino a tutte queste porcate. Si può pensare che sia tutta proiettata nel futuro, ma in fondo ha solide basi nel passato e cerca di spiegare il presente rendendoci più capaci di critica. Quando qualcuno di cui non faccio il nome disse che l’euro è irreversibile, capii tante cose. Cavolo, nella storia non c’è mai stata un’opera umana “irreversibile” o “invincibile” – stermini di massa a parte. Insomma, se deve cadere cadrà questo sistema… e che continui così all’infinito come vorrebbero farci credere… la vedo molto dura. Almeno spero. Hai proprio ragione, l’avevamo immaginata – me compresa – molto, molto diversamente.
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Hai detto due grandi verità, che meriterebbero di diventare ufficialmente proverbi (e anzi, mi attivo subito e vedo cosa riesco a fare al proposito):
1. Non sappiamo gestire le diversità a casa nostra, eppure blateriamo di unioni internazionali. Comincia con le cose semplici, diceva mio nonno.
2. Quando ci hanno detto che l’Euro era una scelta irreversibile, avremmo davvero dovuto sentire un brividino nella schiena. Così, su due piedi, non mi viene in mente una sola cosa irreversibile che sia anche gradevole.
Hai proprio ragione, Francesca. Non ci resta che la fantascienza.
Perlomeno finché non metteranno parametri, regole e gabelle anche su quella… 😉
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