“Chi ha detto che gli italiani sono furbi,” amava ripetere il grande guerriero cimbro Boba Fett “o non capiva niente, o era male informato, o era italiano.”
La furbizia italiana è una di quelle leggende metropolitane che ormai hanno un po’ fatto il loro tempo, tipo i coccodrilli bianchi nelle fogne di New York, il motociclista che si toglie il casco e gli salta via la testa, le scie chimiche, e il libero mercato.
Eppure, in alcuni ambienti, resiste ancora.
Guardate, ragazzi, occorre rassegnarsi. Noi italiani siamo furbi solo a chiacchiere.
Anzi, siamo così poco furbi da intendere per “furbo” qualcosa che con la furbizia c’entra assai poco. (C’entra la disonestà, il malanimo, la prevaricazione, il disprezzo degli altri, l’ignoranza, la miopia, la grettezza. Certo non la furbizia.)
Siamo insomma così poco furbi da non accorgerci nemmeno di non essere affatto furbi.
Anzi, di essere decisamente fessacchiotti.
Potrei parlare per ore a sostegno di questa illuminante riflessione.
E lo farò, ma (tranquilli) non qui. Tra un attimo vado giù in cortile: ho una cassetta della frutta apposta.
Con voi però vorrei condividere una piccola considerazione a margine.
Essere un popolo complessivamente poco furbo non significa essere tutti deficienti. Anche noi antifurbi abbiamo avuto i nostri geni, eroi, esploratori, inventori, artisti e scienziati.
Anche noi, notate bene. Non solo noi. Anche noi.
La scemenza collettiva si esprime nel momento in cui le migliori trovate dei nostri migliori compatrioti ce le siamo lasciate portar via senza opporre resistenza – quando non siamo stati addirittura noi stessi a regalarle a cuor leggero.
Pensate a quante delle cosiddette grandi invenzioni italiane – come telegrafo, telefono, fissione nucleare, plastica, personal computer, internet, schede Arduino, e altre 87.426 circa – sono state finanziate, brevettate e sfruttate all’estero.
E questo, in base a qualsiasi definizione si voglia aver la fantasia di applicare, non può decisamente essere definito un comportamento da gente furba.
Tutti singoli episodi sfortunati, vorreste dirmi? 87.432 casi isolati?
Parliamo allora di grandi innovazioni, cioè di quelle idee, filosofie, correnti di pensiero o prodotti fisici che hanno in qualche modo cambiato il mondo, o un’epoca.
E prendiamo un secolo completo che conosciamo tutti abbastanza bene, tipo il XX.
Ora facciamo due conti.
Dite un po’: secondo voi, quanti sono stati i grandi contributi dell’Italia alla storia del mondo, nel corso dell’intero XX secolo?
Provate a rifletterci.
Non pensate a eventi o persone o oggetti isolati, tipo Virna Lisi o le tagliatelle.
Pensate in grande. Pensate da storici.
Quante sono secondo voi le pietre miliari, le rivoluzioni, gli stravolgimenti che il nostro paese ha saputo regalare al resto del mondo nel tanto decantato Novecento?
Contate.
Avanti, contate.
Avete contato?
Bravi.
Allora apriamo la busta, e vediamo se avete indovinato.
Pronti?
Preparatevi.
Allora, eccoci qua.
Le grandi innovazioni italiane del ventesimo secolo sono… quattro.
Quattro.
Soltanto quattro.
Non quattromila: quattro.
Queste qua:
- Il fascismo.
- La mafia.
- Il mercato del lusso.
- La Nutella (un saluto, signor Ferrero).
Spero questo non vi sconvolga, e non vi offenda. Ma, se ci pensate bene, è davvero tutto qua.
Poca roba, e tra l’altro nemmeno tutta particolarmente meritoria.
E comunque, cari presunti furboni, fateci caso: è tutta roba che vi siete lasciati portar via.
Fascismo e mafia, per esempio. Niente di cui andar fieri, sia chiaro. Eppure il primo è stato immediatamente copiato (e migliorato) prima in Germania, poi in America Latina, e in seguito in molti altri posti.
La seconda, invece, pur nata qua, mentre da noi si frazionava in tutta una ridda di movimentucoli sempre più gretti e provinciali (da cosa nostra alla camorra, dalla ‘ndrangheta alla sacra corona unita, da Montecitorio all’istituto per le opere religiose del Vaticano), all’estero ha proliferato e si è evoluta a livello di impresa multinazionale – prima negli Stati Uniti, poi in Russia, Giappone, Cina, e in buona parte dell’est europeo.
Stessa storia anche per le innovazioni “positive”. I beni di lusso sono stati a lungo un sinonimo di Italian Style, e uno dei piloni portanti dell’economia nazionale.
Chi non conosce le automobili, le motociclette, e i brand dell’alta moda Made in Italy? Tutta roba di gran classe, con prezzi proibitivi, e configurata in modo da renderne impraticabile l’uso in luoghi pubblici (sia che si parli di automobili, che di vestiti).
Eppure, la quasi totalità delle case produttrici dei vari capolavori motoristici è stata spensieratamente ceduta ad arabi e tedeschi, mentre gli atelier dei grandi stilisti a francesi e americani.
Poca, pochissima furbizia.
La Nutella? A parte il nome, italianissima, per carità. E diffusa in tutto il globo.
Eppure figlia di un marketing così poco furbo che svariati sondaggi internazionali hanno dimostrato come la maggioranza dei suoi estimatori extra-italici sia convinta che la Crema Divina sia un prodotto della Nestlé, della Unilever o di Starbuck’s, e non del gianduia cuneese.
Insomma, cari compatrioti: quando abbiamo un’idea orignale, ce la facciamo portar via.
Altro che furbi: diversamente furbi.
Ma fermi lì, italioti disperati.
Riponete la lametta.
C’è ancora una flebile possibilità di riscatto.
Un’ultima fiammella di speranza.
L’estrema possibilità di rivendicare l’importanza del nostro ruolo nella storia.
Un oggetto che potrebbe eternare la nostra cultura e salvarci dall’oblìo.
Un geniale manufatto a cui affidare con serenità e gratitudine la nostra eredità nazionale.
Il bidet.
Il bidet?
Esattamente, il bidet.
Il BIDET!
Il meraviglioso, confortevole, rinfrescante, igienico, civilissimo bidet.
Nessun altro, nell’universo mondo, assegna al bidet il ruolo pivotale che noi giustamente gli tributiamo, da sempre, nella nostra architettura.
Nessun basso napoletano, nessun sasso di Matera, nessun camper, nessun prefabbricato per geosinistrati è concepibile sprovvisto di bidet.
Mentre invece fior di cinque stelle, da Dubai a Parigi a New York, costringono i ricchi ospiti a complicate acrobazie a cavallo della vasca da bagno o del lavandino, o li condannano all’agonia dello scartavetramento a secco.
Per questo cari italiani, per una volta che abbiamo una grande idea, non lasciamocela soffiare!
E non permettiamo ad altri di assumersene il merito, per colpa di una nomenclatura incauta.
Rigettiamo questo stupido nome francese, visto che tra l’altro i francesi snobbano il venerato oggetto (continuando a preferirgli gli spigoli dei muri, come ai tempi di Versailles).
Diamo sfoggio alla fantasia! Ribattezziamolo con un nome più consono alle sue origini, tratto dal nostro ricco idioma o da quello, il latino, che lo ha generato.
Giusto per rompere il ghiaccio, mi permetto di avanzare qualche idea.
Ma conto sul vostro parere, o (ancor meglio) su vostri ulteriori illuminati suggerimenti.
(se non riuscite a inserire altre proposte scrivetele nei commenti. Provvederò io a trasferirle nel sondaggio)
Coraggio!
Dai un contributo anche tu!
Non lasciare che l’Italia (e la sua più nobile invenzione) sprofondino nell’oblìo!
Aiutaci a ribattezzare il bidet!
…e ricorda: potrebbe essere il tuo contributo a salvare la nazione.
Ovviamente ho votato Bagnacavallo, anche se molte altre erano meritorie, tipo il Pulchraepudendium. Comunque vedo che la febbre alta ha dato buoni risultati in termini di delirio. Come sempre, un post di ottima fattura.
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Perché non compare il mio Bagnacavallo, zioprete?
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Non saprei. Comunque ho aggiornato.
Per la cronaca, “Bagnacavallo” è un colpo di genio!
Toponomastico, ma geniale!
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Bidet era un corridore ciclista (già citato dal Villaggio sotto la voce Louison). A riprenderli è più la fatica che il gusto, tanto pochi sono all’estero. I francesi, all’inizio lo usarono anche per nettarsi la bocca… anzi, non hanno mai smesso.
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Leggo dal commento su FB: “e i francesi ci rispettano che le balle ancora gli girano” (Paolo Conte) 😉
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Sto cercando di rispondere senza soffocare dal ridere, sbottare in ululati indegni di una signora qual sono, mi brucia la gastrite (Niarb brutto bastardo), tra un po’ comincio a grattarmi a forza di ridere MA se vedo la Nutella penso a altro…
Mi ricordo un film ONE MAN SHOW di Eddie Murphy, dove raccontava, ex caeteris, dei vari tipi di merda.
Una l’aveva definita (nella traduzione) TIPO NUTELLA, dove NON serve scartavetrare e nemmeno insinuarsi negli spigoli dei muri (sstile Versailles)….perché il problema, anziché diminuire, si accresce e non è ecologico usare una intera confezione di carta igienica, per porvi rimedio. Anche perché poi si macchiano le mutande e si potrebbe olezzare in modo incivile…
INVECE CON IL BAGNACAVALLO (sto ancora ridendo bastardoooo e ho il singhiozzo) il metodo di pulizia risulta ineccepibile dal punto di vista sanitario e anche ecologico, riducendo le montagne di carta igienica la cui produzione impatta sul sistema Terra. Onestamente, estinguersi prima perché oltre ai cambiamenti climatici che provocano il riscaldamento globale, l’inquinamento e l’eccesso demografico, disboschiamo kmq di boschi per pulirci il culo mi pare assurdo…
Il tuo preambolo è COME SEMPRE FANTASTICO!
La tua richiesta di puntare sul Bagnacavallo è INECCEPIBILE, concordo al 100%.
Inoltre è ecologico.
W IL BAGNACAVALLO perché ci si lava tutto, lui, lei e le fette.
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No, guarda, io al massimo mi prendo il merito di aver puntato il riflettore sul sublime sanitario, ma quanto al nome “Bagnacavallo” il merito è tutto di quel geniaccio di Haldeyde. Io ho sudato otto canotte per partorire diciotto epiteti, poi arriva lui e, con un colpo solo, li mette in fila tutti quanti.
Lampi di classe.
(…e dire che con “sciacquacavallo” mi ero parecchio avvicinato…)
A estinguersi per aver esagerato con la carta igienica non saremmo i primi. Sull’isola di Pasqua (dove al posto dei rotoloni usavano foglie di palma) fecero la stessa fine.
Ma il rischio, almeno questo, davvero non c’è. Basta un weekend all’estero per potersene render conto.
Chi davvero continuerà a vedersela brutta (ma brutta davvero) non siamo noi.
Sono gli spigoli. 😉
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schizzopostschizzi, schizzapensieri, candido guardone, nettanettari, salvacarta, il nido della Candida,il vaso di Candora,Quilosciaquoquilasciugo, il gorgobianco.il multidetto ( altro che bi-detto !) Ecc, ecc
Marco Sclarandis
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Pandoro!
Non nel senso di panettone senza uvette, eh, ma di uomo che ha scoperchiato per noi il suo vaso colmo di saggezza.
(ora aggiungo le varie voci, e potremmo diventare il primo caso al mondo di sondaggio che ha più voci tra cui scegliere che votanti…) 😉
P.S. All’uopo ho limitato il caricamento a cinque voci. Spero non me ne vorrai.
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Bel post, bel blog… fai ridere, e di questi tempi mica è poco!
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Grazie mille! Sai, a volte mi rileggo (bleah!) e non capisco se le cose che scrivo dovrebbero più far piangere (per quello che racconto) o ridere (per come lo racconto). Ma poi mi rendo conto che in effetti potrebbero far piangere per come le racconto e ridere per i contenuti. Nel dubbio, dovrei evitare di rileggere… 😉
Grazie ancora, torna a trovarci!
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Ma se non rileggi poi ti penti di non aver riletto e quindi vai a rileggere cosi – dopo – ti spiace aver riletto. E se ti spiace anche di aver scritto è meglio non scrivere, ma se non scrivi poi non è come aver scritto e ti vien da piangere perchè non hai scritto, allora scrivi e ridi perchè hai scritto o piangi perchè non hai scritto; altra ipotesi ridi perchè non hai scritto e piangi perchè hai scritto: a te la scelta 🙂
Se aggiungi piangere o ridere per il cosa, il come, il quando ed il perchè, le possibilità si moltiplicano, ergo: fa cosa ti pare, come ti pare… Il trovar – ci è un plurale majestatis?
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Proposta: smettiamo di ridere, smettiamo di piangere, smettiamo di leggere quello che abbiamo scritto. Limitiamoci a dare una sbirciatina, e a sogghignare o ad alzare (al massimo, per carità) un sopracciglio. Sarà tutto molto più semplice. 😉
P.S. Non credo nel plurale majestatis. Se ci dev’essere un re, che ce sia uno solo. Altrimenti è un’oligarchia, o una democrazia, e comunque un pinzimonio.
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Non mi dispiace neppure il pinzimonio, ti dirò… sono molto qualunquista perciò mi piace anche la bagna cauda, da buona piemontese. Però preferisco smettere di ascoltare per non sogghignare e se sogghigno poi rido, quindi tutto ricomincia ;(
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P.S. : quei pinguini!!!!!!! Mi sono innamorata, non potresti regalarmene almeno uno?
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Mais naturellement, ma chérie! Prendine pure un paio (da soli si annoiano).
Avrai notato che se gli metti sopra il puntatore del mouse, lo seguono. Il trucco è avvicinargli il puntatore, poi attirarli piano piano verso il bordo del monitor, e all’improvviso dare un bello strattone.
Se azzecchi i tempi, te li troverai sul tavolo, sul divano, o dovunque tieni il computer.
…buona caccia! 🙂
(E trattameli bene!)
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Per quello che mi sono innamorata! Mai successo che un mucchio così di gente mi seguisse… Buon Rio, come ti invidio, io noooooon lo so fare 😦
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Guarda, neanch’io lo so fare. Non ho idea di come funzioni.
Sono loro che sono bravi. 😀
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I pinguini, cioe? Mondo dopo il disgelo, si 🙂
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Articolo probo, corredato di una buona dose di mestizia sapor sorriso. Ho eletto il mio bidet a “tronello”, o, per gli amici mezzo forbiti, “inguinarium”. Suonano bene entrambi, ma devo ammettere che anche “Bagnacavallo” ha un suo perché, sarà per il sapore popolare che potrebbero attribuirgli un giorno sullo Zingarelli.
“Bidet”, sa già di saccenza tutta d’Oltralpe. Poi dicono che è una piaga tutta moderna quella del prestito di parole straniere. Bidet, che nome orrendo.
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Grazie Pirginanino, e benvenuto da queste parti! Per “Bagnacavallo” il plauso va all’amico Haldeyde, per tutti gli altri è da ringraziare il Lambrusco che imbottigliano nella cantina qui di fronte a casa.
“Bidet” è davvero un nome di una bruttezza ripugnante, soprattutto perché non è chiaro cosa sia un monodet (sul dizionario non c’è), e di conseguenza non si capisce perché metterne in fila due dovrebbe essere una buona idea.
Ma ti dico una cosa, Pirgianino: non ho fatto apposta a scrivere un articolo probo. Davvero.
Tra l’altro non frequento più elefanti da un sacco di tempo. Per cui chiedo scusa a te e a tutti gli altri visitatori di questa pagina (che di certo sono qui per caso, si saranno persi: ehi gente, l’uscita è là in fondo) e a te e tutti prometto con la mano sul cuore: “Probo, mai più.”
Ad maiora!
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