John: “E quindi mi state chiedendo di lavorare per voi. Ma voi chi siete, esattamente?”
Claudine: “Siamo un piccolo club esclusivo. Siamo pagati – profumatamente pagati – per rubare miliardi di dollari ai paesi di tutto il mondo. Il tuo lavoro consisterà principalmente nel convincere i governanti dei paesi in cui ti manderemo a entrare a far parte di una vasta rete che favorisce gli interessi commerciali degli Stati Uniti.
Se sarai abile, questi leader resteranno intrappolati in una trama di debiti che ci garantirà la loro fedeltà. Potremo fare affidamento su di loro in qualunque occasione, per soddisfare le nostre esigenze politiche, economiche o militari. […] E intanto, i proprietari delle aziende americane che partecipano al nostro gioco si arricchiranno enormemente.”
John: “E abbiamo un nome?”
Claudine: “Tra di noi amiamo chiamarci sicari dell’economia. Ma è un nome che non sentirai tanto spesso.”
Sullo sfondo partono immagini di Ecuador, Indonesia, Panama, Arabia Saudita, Iran, Colombia.
John volontario tra gli indios, John in piscina in alberghi di lusso, John a colloquio con capi di Stato, John nel suo ufficio in un container, John a letto con donne mozzafiato.
Poi una rapida successione di loghi: Nike, General Motors, Monsanto, Wal-Mart, Coca Cola, McDonald’s…
E infine scene di piazza, dimostrazioni, sommosse, vetrine infrante. E in un continuo crescendo attentati, automobili esplose, aerei schiantati, funerali di Stato, sparatorie, invasioni, soldati, bombardieri.
Di colpo, si accende un riflettore che inquadra John, solo, sul palco.
Ha almeno vent’anni di più, uno sguardo più duro, e una strana aria a metà fra triste, colpevole e imbarazzato. Ma è molto, molto determinato.)
“I sicari dell’economia sono professionisti ben retribuiti che sottraggono migliaia di miliardi di dollari a diversi paesi in tutto il mondo. Riversano il denaro della Banca Mondiale, dell’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID) e di altre organizzazioni ‘umanitarie’ nelle casse di grandi multinazionali e nelle tasche di quel pugno di ricche famiglie che detengono il controllo delle risorse naturali del pianeta.
I loro metodi comprendono: falso in bilancio, elezioni truccate, tangenti, estorsioni, sesso e omicidio.
Il loro è un gioco vecchio quanto il potere, ma che in quest’epoca di globalizzazione ha assunto nuove e terrificanti dimensioni.
Io lo so bene: io sono stato un sicario dell’economia.”
Ma cos’è? Una favola? Un documentario? Un manifesto? Un tazebao? Una metafora?
Non sarà un romanzo di John Le Carrè?)
“Questo non è un romanzo. È la storia, vera, della mia vita.
Un editore coraggioso […] ha accettato di aiutarmi a raccontarla.
Perché questa storia deve essere raccontata.
[…] La mia storia di sicario dell’economia è la storia del modo in cui siamo arrivati fin qui e del motivo per cui stiamo vivendo crisi che sembrano insormontabili.
Questa storia va raccontata perché soltanto comprendendo i nostri errori passati saremo in grado di cogliere le opportunità future; perché c’è stato l’11 settembre e la seconda guerra in Iraq; perché quell’11 settembre 2001 oltre alle 3.000 persone morte per mano dei terroristi, altre 24.000 sono state uccise dalla fame e dalle sue conseguenze, e altrettante ne muoiono ogni giorno perché non hanno di che nutrirsi.
E soprattutto va raccontata perché oggi, per la prima volta nella storia, una singola nazione ha la possibilità, il denaro e il potere per cambiare tutto ciò.
È la nazione in cui sono nato e che ho servito come sicario dell’economia: gli Stati Uniti d’America.
[…] È la mia storia personale, che allo stesso tempo si è svolta entro il contesto più ampio degli eventi mondiali che hanno forgiato la nostra storia, portandoci al punto in cui siamo oggi e creando le basi per il futuro dei nostri figli.”
Sconvolgenti. Appassionanti. Straordinarie.
E, soprattutto, verissime.)
“Alcuni attribuiscono i nostri attuali problemi a un complotto organizzato. Magari fosse così semplice! I membri di una congiura si possono estirpare e assicurare alla giustizia.
Questo sistema, invece, è alimentato da qualcosa di ben più pericoloso di un complotto.
[…] Persone come me guadagnano stipendi scandalosamente alti per fare il gioco del sistema.
E se perdiamo colpi, entra in azione una forma più maligna di sicario, lo sciacallo. Gli sciacalli sono sempre lì, in agguato nell’ombra. Quando spuntano fuori, i capi di stato vengono rovesciati o muoiono in ‘incidenti’ violenti.
E se per caso lo sciacallo fallisce, come è accaduto in Afghanistan e in Iraq, allora si rispolverano i vecchi modelli, e la palla passa all’esercito. Giovani americani vengono mandati in giro per il mondo a uccidere, e a morire.”
Togliersi il prosciutto dagli occhi non significa far rivoluzioni, cambiare la storia, o raddrizzare tutte le storture del mondo.
Ma una società di individui informati e consapevoli è l’unico punto di partenza possibile per immaginare (e poi, si spera, realizzare) un futuro migliore.
Una società di zombie miopi e anestetizzati non potrà mai cambiare quello che non vede.)
“Negli ultimi anni il divario tra i paesi più ricchi e quelli più poveri è aumentato in modo vertiginoso, e anche all’interno dei cosiddetti paesi ricchi il reddito complessivo è sempre più alto, ma in mano ad un numero sempre più ristretto di persone […].
Gli Stati Uniti spendono oltre 87 miliardi di dollari per portare avanti la guerra in Iraq, mentre le Nazioni Unite stimano ne basterebbe meno della metà per fornire acqua potabile, un’alimentazione adeguata, servizi igienico-sanitari e istruzione di base a ogni individuo sul pianeta.
E ci chiediamo come mai i terroristi ci attaccano?”
Se non lo avete mai letto, se non leggete molto, e anzi se quest’anno avete deciso che leggerete al massimo un libro, fatevi un regalo.
Fate in modo che sia questo.)
John Perkins, “Confessioni di un sicario dell’economia”, 2004.
Niarb uno e trino, bentornato.
Però, potevi tornare con una buona novella. Accidenti, dopo aver letto il riassunto di quello che racconta questo signore viene voglia di buttarsi nella Fossa delle Marianne con una macina da mulino al collo.
Oggi é domenica, ma domani vado a cercare il libro e la macina, poi ti farò sapere.
Certo che però, un dubbio sorge legittimo: “Se é vero che 316 milioni di americani furbacchioni sodomizzano metodicamente 6.680 milioni di poveracci, non sarà che i poveracci sono veramente pirla?”
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Guarda, è stato un periodo kafkiano. A causa di un baco nell’ultimo aggiornamento del sistema operativo della mia macchina del tempo, tutti i post delle ultime settimane sono finiti, anziché su questo blog, tra le iscrizioni del frontale di un tempio ancora non scoperto nella zona di Agrigento.
Bah. Saranno cavoli per i vostri archeologi.
Quanto al libro di Perkins, nessun motivo di tristezza.Au contraire.
Io sarei triste e sconsolato se pensassi di vivere in un mondo crudele dominato dalle ciniche regole del caso, o (ancora peggio) da una oscura e sadica regìa di una qualche divinità bastarda.
Invece non è così. Tutto quello che succede (tranne forse qualche evento naturale) è la puntuale realizzazione di precisi disegni umani.
Se c’è gente che fa la fame, gente che combatte, gente che sgobba, e gente che se la spassa alla grande (…hai visto “The wolf of Wall Street?” Intendo roba del genere), non è colpa di nessun insindacabile destino né di qualche dio burlone.
Sono tutte scelte precise. Nostre.
Ecce homo.
Quindi, hip hip hurrà.
(Poi, sulla pirlaggine dei più, potremmo aprire un dibattito. Anzi, forse dovremmo.) 😉
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