Gli scavi nel pack procedono. Emerge sempre più territorio, e si comincia a capire sempre più di quello che abbiamo sotto ai piedi. E, ancora una volta, l’evidenza dei fatti ci costringe a rivedere alcune nostre convinzioni, oramai radicate nell’immaginario collettivo.
Per esempio, il pregiudizio che il Sud del Paese fosse schiavo della malavita.
Non si capisce perché, ma tra il XX e il XXI secolo si sviluppò tutta una produzione letteraria, cinematografica e televisiva che diffondeva proprio questo messaggio: una potente forma di malavita organizzata teneva in pugno il Sud, addirittura da secoli. Secondo questa teoria, le terre meridionali erano in mano a delinquenti malvagi e crudeli, che da lì diramavano le loro nefaste attività al resto del Paese, se non addirittura del mondo.
Questi cattivoni mettevano le mani su tutto quello che poteva produrre ricchezza, in barba ad ogni forma di legalità, e lo sfruttavano. Droga, armi, rapimenti, prostituzione, traffico di organi, appalti pubblici: pareva non esserci limite alla loro smisurata ingordigia.
Oggi però pochi colpi di piccone hanno cominciato a dimostrare l’evidente assurdità di tutta questa storia. Scavando infatti sulle pendici dell’isola di Vesuvia e di tutto il Fiordo di Napoli è emersa una realtà completamente diversa. Nel sottosuolo dell’area (che, ricordiamo, prima della Grande Eruzione era tutta terra emersa) stiamo rinvenendo depositi giganteschi di rifiuti. Rifiuti di ogni genere: dalla comune spazzatura domestica a scarti industriali di ogni sorta. Anche gli scavatori più scafati (mi si perdoni la consonanza) sono rimasti a bocca aperta di fronte alle quantità impressionanti di rifiuti tossici e nocivi che sono venuti alla luce. In alcune cavità carsiche sotto a popolosi centri urbani sono state addirittura rinvenute migliaia di fusti di scorie radioattive. Che sarebbe interessante capire da dove provengono, visto che, per quanto se ne sa, in Italia non si è praticamente mai fatto uso di energia nucleare. Tutte queste schifezze, oltre a deturpare miserevolmente il territorio, esalavano miasmi velenosi e penetravano inesorabolmente nelle falde acquifere, contaminandole. Di conseguenza, gli sfortunati abitanti di queste terre oltre a vivere in mezzo all’immondizia, se la respiravano e se la bevevano pure. Da non credere.
Per non parlare dei cadaveri che sono stati rinvenuti murati all’interno delle infrastrutture più varie, un’usanza che fino a poco tempo fa si credeva collegata al culto dei morti e delle pareti domestiche. Le cronache più antiche parlano anche di terribili storie di racket. Cosa fosse esattamente il racket non lo sappiamo, anche se l’ipotesi più gettonata è che si trattasse di una specie di sport oggi scomparso, nato da una costola del tennis. Di come facesse il racket a impedire lo sviluppo commerciale e industriale di intere regioni, purtroppo, non abbiamo proprio idea.
Ma non è tutto. I centri urbani del Meridione che abbiamo finora sghiacciato (e che risalgono a prima degli Anni Bui, si badi bene) erano caratterizzati da periferie di uno squallore sorprendente: quartieri-ghetto, palazzi-alveare, cementificazione selvaggia, nessuna traccia di verde, e in generale un’atmosfera di decadenza e disperazione che sta insinuando negli archeologi il dubbio che, forse, la storia antica così come la conosciamo possa aver bisogno di un qualche robusto correttivo.
Tutt’altra faccenda, invece, per quanto riguarda gli scavi al Nord. Il Grande Pozzo Valdostano, da cui finora abbiamo estratto tonnellate di formaggi d’alpeggio e di skipass (qualsiasi cosa fossero, anche se gli esperti tendono a considerarli una specie di segnalibri), ha cominciato anch’esso a rivelare tracce del Mondo Sottostante. E qui il panorama è diametralmente opposto. Centri urbani piccoli e ordinati, casette curate e accessoriate, strade pulite, tantissima vegetazione. Praticamente lo stesso scenario che si può ammirare dalle pareti di ghiaccio del Tunnel Altoatesino, il grande parco a tema sotterraneo inaugurato la scorsa estate dalla Walt Disney Entertainment Excavations.
E allora ecco che si dimostra l’assurdità delle nostre antiche convinzioni. Infatti, se voi foste un potente boss della malavita, un gangster farcito di soldi e privo di scrupoli, vi riempireste casa vostra di spazzatura, cadaveri e atmosfere postatomiche, lasciando vivere le vittime delle vostre attività illecite in paesi da sogno? O forse non fareste esattamente il contrario: voi in valli fiabesche e gli sconfitti tra macerie tossiche?
Questi scavi dunque sembrano provare il contrario di quanto si favoleggiava. Se c’era malavita organizzata nell’Italia degli anni della Repubblica del Cabaret (e c’era senz’altro, viste le condizioni in cui hanno ridotto il meridione) i suoi capi, la “cupola” come si diceva un tempo [termine di probabile origine vaticana, N.d.R.] non poteva che essere profondamente radicata nel Nord. Così come oggi i ricchi e spietati imprenditori ghanesi e nigeriani spediscono qui da noi le loro chiatte piene di scorie di uranio, così un tempo malavitosi settentrionali ingordi e senza scrupoli mandavano i loro scherani ad affliggere e tormentare il Sud. E mentre le sfortunate città oggetto di queste razzie si trasformavano progressivamente in veri e propri incubi infernali, i boss si godevano la vita nelle loro valli alpine natìe.
Sono passati secoli, e non ha più senso giudicare. Ci limitiamo a prenderne atto. Questa rivelazione però ci esorta a non dar mai nulla per scontato, e a tener sempre a portata di mano un libro di storia… e un piccone.
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