Mappamondo

Incontri ravvicinati di un brutto tipo

Che ci crediate o no, all’alba del Terzo Millennio non era stato ancora registrato nessun contatto tra la razza umana e specie provenienti da altri pianeti. Nessun contatto ufficiale, sia ben chiaro.
In realtà, erano moltissimi gli individui che, convinti o in malafede, assicuravano di essere già stati contattati.  Malauguratamente, a parte quei pochi casi oggi ben noti (riguardanti quasi esclusivamente personaggi politici), tutti gli altri risultarono essere volgarissime bufale.

 
Nel mondo dell’immaginazione, invece, questi contatti erano assai frequenti.  L’industria cinematografica sfornava con cadenze serratissime film in cui, in un modo o nell’altro, la Terra riceveva visite da ospiti provenienti dallo Spazio.

Quello che stupisce è che l’incontro con una razza aliena, potenziale occasione per espandere in maniera inimmaginabile la sfera delle nostre conoscenze e la percezione del posto dell’Uomo nell’Universo, veniva sfruttata dagli sceneggiatori di Hollywood solo per riciclare copioni vetusti, già sfruttati all’inverosimile: inseguimenti, sparatorie, duelli, battaglie, astronavi che esplodono, il solito bla bla bla.  Pare che, utilizzando la funzione “trova e sostituisci” degli antichi word processor, fosse possibile ricavare in poche ore dalla stessa storia un copione western, una gangster-story, un poliziesco, un film sulla seconda guerra mondiale, uno sul Vietnam, e ovviamente un film di fantascienza mainstream.  Le immense possibilità messe a disposizione da un incontro con specie più avanzate finivano il più delle volte totalmente sprecate.

Per un “2001 Odissea nello Spazio”, un “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, o un “Contact” (film di un certo qual livello), si contano infatti una miriade di vaccatone del calibro di “Attacco alla Terra”, “Ultimatum alla Terra”, “Cacchio, arrenditi Terra”, “Independence day”, “Il giorno dei trifidi”, “La notte degli ultracorpi”, “Il pomeriggio delle conocchie di Vega”, “Invasion”, “La cosa”, “Predator”, “Alien”, “Alien 2”, “Alien 3”, “Alien N” (con N grande a piacere), “Alien contro Predator”, “Predator contro Alien”, “Alien-Predator: lo spareggio”,  “Alien e Predator contro Rambo e Mazinga”, e via di questo passo.

Niarb il Giovane, “Attacco alla Terra”, Guggenheim Museum, New York

A quanto pare la linea filosofica prevalente, in quei secoli miopi e xenofobi, era del tipo:

  1. Il Cosmo pullula di razze avanzatissime.
  2. La prima cosa che una razza avanzatissima fa appena entra in contatto con una specie di livello inferiore è, ovviamente, sterminarla.
  3. Di conseguenza, la prima cosa da fare in caso di contatto con un’altra specie probabilmente più avanzata(1) è cercare di annientarla prima che lei annienti noi.

Probabilmente era un problema di coda di paglia.

Il punto 1 infatti non era una certezza, ma l’espressione della fifa archetipica che ci ci sia sempre in giro, da qualche parte, qualcuno più bullo e più cattivo di te.

Il punto 2 è una supersintesi della storia umana.  Si applica a meraviglia a pressoché tutti i rapporti tra popoli documentati su questo pianeta. C’è da dire però che non sta scritto da nessuna parte che questo tipo di comportamento costituisca la norma negli altri angoli dell’Universo (che, ve lo avranno detto, è piuttosto grande).

Il punto 3 è l’ovvia conseguenza di questo sillogismo zoppicante.  Chiamatelo “difesa del territorio”, chiamalo “salviamoci il culo”, ma di fatto significa sempicemente: me ne frego dei potenziali vantaggi dell’incontro con qualcuno più avanzato di me.  Mi preoccupo di quanto saranno più avanzate le sue armi. E, nel dubbio, sparo per primo”.

 
Su un frammento che ho scongelato di recente, però, c’è una spiegazione un po’ più articolata di questo modo di pensare.  L’autore la mette in bocca a una generalessa americana, ma potrebbe tranquillamente essere declinata per qualsiasi altro militare di una qualsiasi altra superpotenza.  Nel libro ci si riferisce ad una specie di microplancton superintelligente, ma qui sull’iGloo la annoto riferita a dei generici “alieni”, perché rende meglio l’idea.

 
La parola al generale Judith Lee:

“Un accordo con gli alieni?  La possibilità ci è preclusa. Contraddice gli interessi del nostro Paese.  Anche una semplice coesistenza sarebbe una ammissione della nostra sconfitta, una sconfitta dell’umanità, della fede in Dio, della fiducia nella nostra egemonia.  Ma la cosa peggiore di una coesistenza è che porterebbe a un nuovo ordine mondiale.  Rispetto agli alieni, saremmo tutti uguali.  Ogni Paese che possiede una tecnologia sviluppata potrebbe comunicare con loro.   Tutti cercherebbero di speculare, di stringere alleanze con loro, di entrare in possesso delle loro cognizioni, e magari qualcuno prima o poi riuscirebbe persino a sconfiggerli.  E arriverebbe a dominare il pianeta.

Noi, gli Stati Uniti, dobbiamo arrivare a quelle conoscenze e nel contempo impedire ad altri di arrivarci.  Non possiamo permettere che il mondo condivida il sapere degli alieni, quindi dobbiamo distruggerli e preservare quel sapere.

E dobbiamo essere noi a distruggerli.  Non possiamo permetterlo a nessun altro, nemmeno a quegli smidollati dell’ONU, in cui ogni straccione ha un posto e un diritto di voto.  Così saremo definitivamente noi a guidare la storia di questo pianeta e nessun dittatore, nessun regime che non ci sia amico potrà mettere in discussione questa egemonia.  Quindi, ripeto, non c’è alternativa: bisogna liberare il mondo dagli alieni.”

 
Maledetta Judith Lee, forse hai ragione.  Ma mi hai tolto per sempre il gusto di giocare a Space Invaders.

 
Scongelato da Frank Schätzing, “Il Quinto Giorno”, 2004.
 


Nota 1: E se hanno le astronavi e il raggio della morte, allora non è più questione di “probabilmente”. Sono più avanti loro. Torna su

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