Nell’antichità andava di moda erigere statue.
Lo so, vi ho già stufato con quella storia dell’isola di Pasqua, ma quello era un po’ un caso limite.
Il fatto è che tutte le culture, in tutto il mondo, in tutte le epoche, hanno eretto statue – non solo i Pisquani. E questo perchè dedicare una statua è sempre stato il sistema più esplicito e inequivocabile per esprimere il massimo riconoscimento possibile a qualcuno che si considera straordinario, superiore, indimenticabile.
Colate in bronzo, scolpite nel marmo o ricavate con il Pongo (in effetti poche, pochissime queste), le statue consegnavano ai posteri e all’eternità il tributo a qualcuno che con i suoi atti o il suo esempio ha indicato agli altri la strada da seguire.
- Per i popoli più antichi, ancora acerbi di conoscenze scientifiche ma assetati di conoscenza, erano déi e filosofi.
- Per i popoli più agguerriti, fondatori di grandi imperi, erano condottieri e generali.
- Per i popoli più timorati, re, papi e santi in vasta schiera.
- Per i popoli più maturi, statisti e governanti.
- Per i popoli più raffinati, muse, poeti ed altri artisti.
- Per i popoli martoriati dalle guerre, vittime, martiri ed eroi.
L’Italia, naturalmente, fece eccezione. Gli ultimi scavi hanno riportato alla luce l’opera che vedete ritratta dalla iCamera del mio iGloo proprio iEri.
Si tratta della statua di una personalità dell’epoca, una perfetta incarnazione dello zeitgeist della Repubblica del Cabaret.
Perché, come detto sopra, ai grandi personaggi del passato venivano dedicate statue quando incarnavano miti e speranze della società dell’epoca.
L’Italia degli Anni Folli eresse una statua a Manuela Arcuri.
Non perché fosse una santa, una filosofa, una scienziata, una benefattrice, una guerriera, una statista, una martire o un’artista.
Perché aveva le tette grosse.
E questo (ve lo garantisco) inquadra perfettamente il tutto.
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Pingback: Imbecillità monumentale « afterfindus - 3 ottobre 2012