Beh, vogliamo tutti cambiare il mondo.”
(Lennon, McCartney, Afterfindus)
La luce nella cripta era quella di un milione di candele.
L’uomo che mi aveva condotto fin lì mi diede uno strattone alla manica, e disse:
“Puoi toglierti il cappuccio”.
Io mi tolsi il cappuccio. Loro no.
Erano disposti a semicerchio intorno a quello che intuii fosse l’altare, e mi fissavano silenziosi.
“Apprendista, fai un passo avanti” disse l’uomo. “E rispondi con cuore sincero alle domande del Maestro.”
Un uomo con la tunica più chiara avanzò dal centro del gruppo, e mi squadrò per un tempo che mi parve lunghissimo. Poi, con voce da baritono, disse:
“Sei stato udito ripetutamente lamentarti di come vanno le cose del mondo.”
“Lamentarmi, io?”
“Sei stato udito ripetutamente dire ‘Qui va tutto a rotoli, ci vorrebbe una bella rivoluzione, spazzare via tutto e alè, si ricomincia’,” disse lui.
“Se è per questo,” risposi “sarò anche stato udito dire ripetutamente ‘io quella lì me la tromberei anche su una gamba sola’”.
“Certo, l’abbiamo sentito,” disse una voce dal fondo “ma questa è un’altra cerimonia.”
“In QUESTA cerimonia” riprese il Maestro “ci interessa soltanto capire se sei abbastanza motivato da giurarci assoluta fedeltà e fare tua la nostra missione.”
“La vostra missione? Quale missione?”
“La rivoluzione, apprendista. La RIVOLUZIONE. Quella che hai sempre detto di voler fare.”
“Ma io dicevo un po’ per di…”
“Presentare il conto ai potenti che governano il mondo. Rendere giustizia a chi non ha voce. Ricostruire con la giustizia un mondo nuovo.”
“Io…”
“Mettere finalmente la parola ‘fine’ a questo mondo ingiusto governato da tecnocrati,” continuò lui, con un tono un po’ più alto “controllato da politici corrotti manovrati come marionette dai biechi emissari delle multinazionali. Un mondo in cui gli individui sono niente più che carne da macello,” alzò ancora la voce “schiavi condannati a lavorare, obbligati a immolare le proprie miserabili esistenze alla incessante creazione di una ricchezza di cui non saranno mai chiamati a godere. A produrre merce, a consumare merce, e a desiderare nuova merce da consumare!” Gridava, ora: “Zombie dalla mente svuotata di ogni vera passione e di ogni sapere, imbottiti di vacuità e di emozioni superficiali, pietosi ingranaggi di una macchina famelica che ogni giorno rende più ricchi i ricchi, più potenti i potenti, e più poveri, disperati e al di là di ogni possibile salvezza il novantanove percento dei propri simili!”
Tuonava, il Maestro, mentre gli altri tutto intorno ululavano la loro approvazione.
Improvvisamente, non mi sentivo più tanto tranquillo. Quel fesso del mio collega mi aveva coinvolto in questa cosa del castello, e io mi ci ero buttato a testa bassa sperando in una serata alla Eyes Wide Shut: bourbon, musica d’organo, maschere veneziane, e donnine a culo nudo.
E invece eccomi qua, prigioniero di una specie di un remake di un thriller di Dan Brown.
“Signore, maestro,” tentai “chiedo scusa per il contrattempo, ma ci dev’essere un errore. Io non sono un tipo da rivoluzioni. Non mi piacciono le armi.”
“Qualcuno ha parlato di armi?” rispose il Maestro, e dal tono con cui lo disse immaginai che avesse inarcato un sopracciglio e sorridesse beffardo. E in effetti, qualcuno ridacchiò.
“No… di certo… Ci mancherebbe…” incespicai allora “Però, insomma. Fare piazza pulita, buttare tutto all’aria, rovesciare i potenti…”
“Lo faremo, apprendista, lo faremo.” disse il Maestro “E senza sparare un solo colpo.”
“Sul serio? Neanche uno?”
“Neanche uno, apprendista.”
“Beh, questo mi tranquillizza,” dissi. “Non credo che mi piacerebbe trovarmi in mezzo a una sommossa.”
“Sarà molto più di una sommossa,” disse il Maestro.
“Capisco,” mentii. “E… quando sarebbe?”
“Quando saremo abbastanza.”
“Abbastanza? Abbastanza quanti?”
“Abbastanza tanti.”
“Io… confesso di non capire.”
Il Maestro alzò una mano, e uno degli accoliti accorse con uno sgabello.
Lui si mise comodo, si aggiustò la tonaca sulle ginocchia, e si rivolse a me con un tono completamente diverso. Non sembrava più un sottosegretario in comizio, adesso, ma un vecchio amico dopo cena, accanto al caminetto.
Che anzi, se mai ti venisse in mente di parlarne a chiunque incroci per strada, ci faresti soltanto un favore. Più siamo, più avremo successo.
Questa, vedi, è una rivoluzione che ti sorprenderà. Che sorprenderà molti.
Una rivoluzione micidiale, anche se tecnicamente molto semplice.
La potranno combattere tutti, anche quelli come te che non amano scendere in piazza ed alzare barricate.
Anzi, sono proprio quelli come te che ci faranno vincere.
Quelli che alla sera restano chiusi in casa, con le imposte e le serrande ben sprangate.
Quelli che non si dannano per incontrare altri cospiratori alla luce tremolante delle candele, ma che sgranocchiano serenamente brustulli alla luce azzurrognola del televisore.
Quelli che, giustamente, sentono di non contare niente.
Perché la nostra rivoluzione, caro apprendista, partirà esattamente da voi.
A voi, apprendista, chiederemo di guardare la TV, quante più ore possibile.
Come prima, più di prima, se possibile.
E vi chiederemo di prender nota di tutti i prodotti che vengono reclamizzati nelle ore e ore di pubblicità che, una dopo l’altra, vi sorbirete.
E poi, vi chiederemo, semplicemente… di NON comprarli.
Tutto qui.
Pubblicizzano un’acqua minerale? E tu comprane una diversa.
Ti suggeriscono una benzina? Scegli un’altra marca.
Ti presentano una nuova automobile? Dimenticala subito.
Ti allettano con una superpastasciutta? Fatti una iperbistecca, o una turboinsalata, o una gigatorta. Di fame non morirai comunque.
La tettoruta di turno ti suggerisce un nuovo piano telefonico? E tu guardale pure le tette, se vuoi, ma poi affidati ai minuti, agli sms, e ai giga di un qualsiasi altro gestore.
Ecco il cuore della nostra rivoluzione.
- Se, all’improvviso, tutti i prodotti pubblicizzati in televisione faranno registrare un crollo verticale delle vendite, sarà l’intero sistema a tremare dalle fondamenta:
- Le aziende smetteranno di comprare spazi pubblicitari.
- Senza il denaro delle aziende, televisioni e giornali si scopriranno all’improvviso zoppi di entrambe le gambe. E, inevitabilmente, finiranno gambe (zoppe) all’aria.
- Senza la grancassa di televisioni e giornali, i comitati di affari e le associazioni criminali che detengono il potere faranno sempre più fatica a convincere le masse che quello è il “sistema”, che quella è la “politica”.
- Senza più palcoscenici che garantiscano platee oceaniche, distratte e mansuete, gli affaristi che voi chiamate “politici” non avranno più nessuno a cui contar fole.
- E così, tutto d’un colpo, senza nemmeno sparare un petardo, tutto l’apparato scomparirà come un brutto sogno.
Si chiama “reazione a catena”, apprendista.
Senza pubblicità, imperi massmediatici faraonici si sgretoleranno come vampiri al sole.
Senza pubblicità, spariranno dall’oggi al domani la televisione, le televendite, i telesalotti, i teleopinonisti, il finto sport che serve solo a riciclare capitali, e l’omologazione culturale imperante.
E questi dinosauri si tireranno dietro nella loro estinzione sponsor, partiti, squadre, le multinazionali che comprano-ribrandizzano-rivendono e non producono mai, e una buona metà dell’establishment politico-industriale che questo secolo impazzito si ostina ad accettare come padroni.
Gli imperatori del presente appariranno più fulgidi che mai nella loro sfavillante nudità.
Senza più il denaro dei gonzi abbindolati, gli spacciatori di bassi sentimenti si troveranno tagliati fuori, come pusher a San Patrignano, come eunuchi nella Playboy Mansion.
Le aziende saranno obbligate a ripensare alla propria offerta, a vendere concretezza, e i consumatori si scopriranno improvvisamente più ricchi, più considerati, più potenti. E non, necessariamente, ancora “consumatori”.
Forse, semplicemente, “individui”.
Oppure, per cambiare, “cittadini”.
Ma hai forse paura che non riuscirai più a orientarti, apprendista, in un mondo divenuto muto all’improvviso?
Temi che non saprai più cosa scegliere, cosa cercare?
Nessuna paura. Stiamo già organizzando siti web e rotocalchi, apprendista, per venirvi in soccorso. Pubblicheremo i marchi di acque minerali finora sconosciute, e li cancelleremo irrevocabilmente dalla lista se mai li vedremo comparire in qualche spot.
Metteremo in fila le automobili disponibili sul mercato, quelle che in TV non hai mai visto. Confronteremo smartphone che non sapevi esistessero, daremo visibilità a paste e frutte, smalti e profumi, giochi e libri che non sono mai andati in onda, e voi comprerete quelli e sarete ugualmente felici, e spenderete anche meno, mentre intanto tutto intorno a voi il sistema malato e autoreferenziale del consumismo decerebrato andrà inesorabilmente e definitivamente a pezzi.
Aveva parlato per quasi tre minuti in apnea, il Maestro, e si vedeva.
Rosso in viso, petto ansante, cuore a mille.
In tutta la sala (ed eravamo in tanti) non si sentiva volare una mosca.
Mi sorpresi a pensare alle sue parole.
Basta prezzi gonfiati, basta bombardamenti continui di caratteristiche e funzionalità inutili, basta spam, basta spettacoli-contenitore, basta outlet di merci deprezzate, basta mercatini di firme scimmiottate, basta intellettuali a gettone, basta film interrotti, basta rotocalchi da sei chili, basta scolaresche omologate, basta omini marlboro e omini michelin e donnine plin plin, basta paesaggi cartellonati, basta neuroni intorpiditi.
Un portentoso ritorno alla realtà. Un gigantesco risveglio. Un miliardo di piccoli Davide che soffocano lo strabordante, prepotente Golia.
Niente da dire. Un’idea semplice, e favolosa.
Più ci pensavo, più mi esaltavo.
Nessuna rinuncia.
Basterebbe non comprare.
Mi buttai di scatto in ginocchio, afferrai con trasporto la mano del Maestro, e chinai la testa in segno di reverenza. Forse per la prima volta nella vita, sentivo di appartenere davvero a qualcosa di più grande di me.
Sentii qualcosa salirmi in gola, e non mi vergognai dell’umidità che mi velava gli occhi.
Era vero… era vero… Avrei potuto contribuire a cambiare il mondo.
Io. Da solo. Nell’intimità di casa mia, sprofondato sul divano.
Senza rischiare arresti, manganellate, lividi, galera.
Senza versare un soldo.
Senza nemmeno scendere in piazza.
Soprattutto, senza mollare il telecomando.
E con la certezza di un risultato epocale e di un ritorno ad un mondo più a misura d’uomo.
Mi rimisi barcollando in piedi, cercando di nascondere almeno un po’ la commozione che mi scuoteva.
“Sono uno di voi,” dissi, con voce tremante “Sono onorato di poter essere considerato un vostro fratello. Sento fin dal più profondo del cuore che riuscirò a resistere all’impulso di piluccare lactobacilli, di socializzare le mie incontinenze, di avere un’autovettura che mi legge ad alta voce gli sms, di andare in crociera con Shakira, di avere mille messaggi gratis per tutta l’estate, e di aprire un conto corrente tutto intorno a me.
Da oggi consideratemi un kamikaze purificato pronto per la missione, un fedayn nell’impero delle acque diuretiche, una cellula dormiente nel cuore del consumismo, un manciuriano del piccolo consumo.
Ditemi, vi prego, cosa NON comprare.
Fate di me un mezzo di disperazione dei potenti.
Illustratemi la strada, fratelli, fate di me ciò che volete.
Anzi, a tal proposito vi lascio volentieri il mio numero così magari ci sentiamo su Whatsup.
Perché, capite, resterei anche tutta sera, ma scusatemi. Devo proprio scappare.
A mezzanotte usciranno i rumors sul nuovo iPhone 8, e finalmente sapremo se ci sarà la doppia fotocamera, se si potrà ancora sbloccare con il dito o servirà la scansione dell’iride, e se avranno definitivamente tappato il buchino delle cuffie, se avranno cambiato la voce di Siri, se sulla tastiera ci saranno le nuove emoticons dei Minions, e se sarà davvero disponibile anche in rosa perlato.
Per la rivoluzione, ci sentiamo con calma domani mattina.”
ACIDO COME SEMPRE.
Ma perfetto.
Il rischio che corriamo è il MONDO NUOVO di Aldous Huxley, al cui confronto Orwell è un pfui, DILETTANTE. E Huxley l’ha scritto venti anni prima di Orwell, il suo MONDO NUOVO.
Ti regalo questo link, se mai non lo dovessi già conoscere…dove in pochi fumetti è condensata la diffierenza tra i due notissimi autori di distopie. Me lo sono stampato e messo dietro alla scrivania, poi una copia l’ho portata a casa, in un posto dove mi tocca spesso guardarlo.
http://www.blogzero.it/2010/01/08/1984-di-orwell-vs-il-mondo-nuovo-di-huxley/#sthash.4gzS7CMf.dpbs
Diciamo che poteva essere un buon inizio la lotta del consumatore, a meno che il consumatore non sia già stato sottoposto a lavaggio del cervello. Io FACCIO GIA’ così, ma non è sufficiente, tuttavia mai fa sentire bene. Ho solo il problema quando tra 200.000 km la mia magnifica GOLF2000TURBODIESEL, raggiungendo i 450.000 KM potrebbe decidere di volere andare in pensione.
I crucconi non mi piacciono, ma le macchine le costruiscono bene e tutte le loro macchine sono pubblicizzate. Potrei andare in Oriente però, magari qualche macchina cinese, come il mio possimo eccellente smartphone. Marca non pubblicizzata, venduta solo online, costa un quinto del costoso samsung. Sorella e marito l’hanno già, eccellente.
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Link prezioso e genialissimo, come al solito. Anche se, dallo sprofondo della mia esacerbante ingenuità, avevo anch’io elaborato in proprio un concetto tipo: “Orwell fa paura se ci pensi. Huxley fa paura se non ci pensi”.
Che poi così è detto male. E’ più: “La mela con il buco del baco (sic) la eviti. La mela senza buco del baco (ma col baco malato dentro) la mangi e muori”.
Come vedi, quando il concetto mi aleggia sopra ma non riesco ad afferrarlo bene con le parole, mi esprimo come un seienne.
Il tuo fumetto invece centra in modo magnifico la faccenda. Appena ho un attimo chiedo permesso al suo autore e lo schiocco qui sotto.
Senti, visto che la rivoluzione non la faccio di sicuro fino a stasera, non è che mi daresti la dritta della marca del tuo prossimo eccellente smartphone? 🙂
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https://www.google.it/search?q=smart+phone+dodgee&ie=utf-8&oe=utf-8&client=firefox-b-ab&gfe_rd=cr&ei=jtQSWZvwFIfA8gfjrKXgDQ#q=smartphone+doogee&tbm=shop
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Carramba! Neverheardbefore!
Ecco un altro mondo che mi si dischiude… 😉
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http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/08/news/i_ragazzi_del_muretto_a_secco_quei_sassi_sono_opere_d_arte_-164892519/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1
In questo pregnante articolo si vedono i segni rivelatori, per inverso, dell’imminente estinzione di un mondo dove non solo il re è nudo ma s’e pure cagato addosso.
E a nulla servirà infrangere interi lotti di flaconi d’acqua di rose per mitigarne il tanfo.
Finchè la pubblicità si limitava ad essere l’anima del commercio, un certo genere di ordine poteva durare quasi illimitatamente, ma quando ha cominciato a pretendere di essere solo più il commercio delle anime, ha gettato le fondamenta della sua rovina.
“Molti saranno i soppressi e pochi gli alleati, in questa guerra dove chi vuole vincere sempre comunque e dovunque
deve concedere delle lunghe e ripetute tregue”.
Pensiero che forse è venuto in mente a Giovanni il Battista, mangiandosi le locuste in mezzo al deserto.
Marco Sclarandis
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Il re nudo e con i calcagni sozzi è una delle immagini più soavi che abbiano attraversato il mio immaginario negli ultimi tempi. Thank you, sir.
Però ti dico, l’idea che qualche miliardario rincitrullito o rockstar cocainata o capomafia in cerca di consensi elettorali possa metter metter mano al portafoglio per comprare a prezzi warholici dei sassi della val di Cembra, ficcarseli nello studio e cercare di passare per bestione istruito, mi mette di buonumore.
Se basta una genialata del genere da parte di un qualche sconosciuto creativo dell’Unesco, ci sono eccellenti possibilità di riscatto anche per le cacchine tonde delle pecore sarde, i castelli di sabbia delle spiagge pugliesi, e perché no, gli scaracci catarrosi degli umarél di tutte le città d’Italia.
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Un Paese come l’Italia, fragile e fondato sulla qualità dell’arte e del cibo, si salva cominciando a rimettere in piedi i sassi che da sempre tengono tutto insieme”.
Frase condivisibile. Oltre 35 anni fa, come spesso succedeva nei centri storici e nel loro recupero e riuso, serviva ripristinare un muretto a secco. Ma nessuno sapeva farlo bene. Mi ricordo che la prima ondata di albanesi portò anche questi bravi muratori. Gli albanesi sono europei e quindi ne avevano memoria e storia e pratica e lo sapevano fare nei fragorosi anni ottanta. In Veneto servivano molto.
Ben vengano nuove professioni che ristorano vecchi usi, vicini alla bio identità. Un muro a secco, in Liguria, per esempio, respira e fa respirare ciò che trattiene, fa passare l’acqua da un salto all’altro e diventa sede per il ripopolamento di animali e la crescita di piante.
Questo dei muri a secco, studio e fatica, scelta e riscelta, sembra proprio un fatto estraneo alla pubblicità, dove è tutto perfetto, assoluto, senza fatica e magico, dove le madri di 18 anni, sposate a padri di 25 (la famiglia bellissima e inesistente della pubblicità ma è così che la vede la maggioranza, lei più giovane, e anche più bassa), hanno due figli di 15 e 13 anni (!!!) con i quali fanno allegri colazione con schifezze industriali.
Oppure dove le donne di 30 anni hanno già problemi di ritenzione idrica….creare il bigogno…di un linex non mi pare esaltante, ma lo fanno.
Dove è stata sdoganata la puzza: la puzza di piedi, di ascelle e di culo. L’alito pesante, le gengive sanguinanti, la forfora, le unghie maculate di funghi.
Dove bevi quella cosa marrone con le bollicine ma SENZA CAFFE’ E SENZA ZUCCHERO…cosa bevi allora?
Dove basta un busto e torni dritto sulla schiena (prima cosa eri, un mollusco?). Oppure dove devi cambiare divano a sottocosto due volte alla settimana.
Esagerate pure, più esagerate e meno sarete credibili. Qualcuno che riderà lo si comincia già a trovare.
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In effetti la faccenda dei divani mi spiazza un po’. Sono un bene di consumo superfluo ed esteriore, che non lo puoi cambiare ogni due anni neanche se sei Rocco Siffredi e li usi come set per le tue produzioni cinematografiche? O sono invece la sublime espressione di una casta raffinata ed in via di estinzione di capaci falegnami e tappezzieri, patrimonio della nostra cultura e della nostra identità nazionale?
Finché li promuoveva la Ferillona nazionalpopolare con le boccione in gran pavese, era facile rispondere. E disprezzare.
Ora invece che ci hanno messo gli “artigiani della qualità” a pubblicizzarli, è molto più complicato. Sputarci sopra pare quasi brutto.
(E’ lo stesso upgrade che l’astutissima Chiesa romana ha fatto rottamando Ratzinger per Bergoglio, tra l’altro.)
Non ce la posso fare. Sono un consumatore ribelle confuso. Uno che non ha ancora capto se va bene mettersi le Nike (vedi questo articolo). Uno che quando vede un webinar di Naomi Klein fa caso alla marca della giacca. Uno capace di comprare un testo di Zygmunt Bauman ad una supersvendita di Amazon.
C’è una cosa, però che sto mettendo sempre più a fuoco.
Nonostante l’accento familiare, a me ‘sti artigiani della qualità mi stanno maledettamente sulle uallere.
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Ecco, non mi hai risposto sulla puzza… 🙂 e io che ci tenevo tanto…
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In effetti il mio subcosciente ha cercato di proteggermi da quella frase (specie la parte sulle unghie maculate di funghi) attivando un sistema di auto-svenimento che mi stendeva all’altezza della parola “ascelle”, impedendomi di leggerla fino in fondo.
Ma ora che sono riuscito a farlo (è stato facile: come per le eclissi, bastava un pezzetto di vetro affumicato) mi rendo conto che hai – letteralmente – spalancato l’inferno.
La pubblicità non solo ha sdoganato le bassezze umane che citi, ma anche cose molto più sozze e imbarazzanti, tipo lo scoiattolo che scoreggia ghiaccioli, le due amiche che parlano di secrezioni vaginali come discettassero di modelli di Armani, la tizia che si fa pipì addosso e in ascensore la sentono tutti, o gli spot elettorali di Gigetto Salvabanche.
Oops, scusa, non volevo scadere così nel trash.
Ma del resto, nessuna sorpresa. Ce lo cantano Elio e Le Storie Tese dal 1989 che “son tante le cose segrete / dal nostro organismo secrete”. E in caso uno si chiedesse: “Quali?”, ecco la lista:
Poi c’era anche un bellissimo spot di Paolo Hendel dei primi del ‘900 che non trovo su You Tube in cui, vestito da medico, diceva qualcosa tipo:
“Avete i brufoli? La diarrea? Vi puzza il fiato? I piedi? Avete i denti guasti? (eccetera eccetera…)”
E poi, quando uno si aspettava che ti sorridesse e ti offrisse qualche rimedio miracoloso, faceva una faccia disgustata e concludeva:
“…Ma che schifo di gente siete??”
Immortale.
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Adesso che hai superato il tuo subcosciente delicato, finalmente scopro che condividamo il timore delle unghie maculate…anche se il solo citare Gigetto salvabanche mi ha sconfortato non poco…ma poi mi sono riempita gli occhi di divani…tuttoapposto…. (SIIIIIIIIGH!)
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