EgoNomia

E se il debito pubblico non fosse altro che un mollusco bivalve?

E’ un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario.
Se accadesse, ritengo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina.
(Henry Ford)

 

“Mettiamo subito in chiaro una cosa,” disse l’uomo alto “Non ho nessuna intenzione di mettermi a zappare la terra, pascolare gli animali, arrampicarmi sugli alberi per raccogliere frutta, e tantomeno di spaccarmi la schiena seppellito in una miniera.”
“Allora marchette?” disse l’uomo grasso.
“Non fare lo scemo,” disse l’uomo alto. “Dobbiamo trovare qualche altro sistema. E in fretta”.

I due uomini vagarono con lo sguardo sul gruppo dei superstiti. Sembravano uno sciame di formiche operaie: corri di qua, corri di là, tutti con qualcosa da fare.
Perlomeno, non davano l’idea di soffrire la fame. Loro.
Poco più in là, i rottami dell’aereo torreggiavano sulla spiaggia, come uno strano totem postmoderno.

 
Superstiti

I giorni subito dopo lo schianto erano stati un inferno. Alberi in fiamme, urla, feriti, bagagli incastrati sugli alberi. E fumo dappertutto.
Ma ormai erano passate alcune settimane, e si cominciava a respirare una certa aria di normalità.
Ormai era chiaro: nessuno sarebbe arrivato in loro soccorso. Perlomeno, non in tempi brevi. Per cui si erano organizzati: chi andava a caccia, chi raccoglieva frutta, chi procurava l’acqua, chi costruiva ripari, chi assisteva i feriti.
C’erano sarti e falegnami, medici e insegnanti, allevatori e cantastorie, predicatori e puttane.
Tutti si erano trovati un’occupazione, un ruolo attivo nella nuova comunità.
Tutti, tranne loro due.

 

L’uomo alto e l’uomo grasso non avevano mai nemmeno preso in considerazione l’idea di mettersi a lavorare.
Avevano trascorso le loro giornate passeggiando sulla spiaggia chiacchierando di sport, di politica, di massimi sistemi, occhieggiando le donne con gli abiti a brandelli, e collezionando conchiglie.
Avevano vissuto della generosità degli altri, criticando e pontificando. Ma quei giorni stavano finendo.
I loro ex-compagni di viaggio erano sempre più seccati all’idea di mantenere due fannulloni.

 

“Io forse un’idea ce l’avrei,” disse l’uomo grasso. “Hai mai notato quanto sono complicati i loro scambi?”
“I baratti, intendi?” disse l’uomo alto.
“I baratti, proprio quelli. Estremamente inefficienti. Quanti pomodori vale una gallina? Quanta legna da fuoco è giusto scambiare per un pezzo di pane? Come ricompensare in modo adeguato un medico, un muratore, o una sveltina nel bosco?”

“In effetti servirebbe un mezzo di scambio universale, valido per tutti. È questo che hai in mente?”

“Precisamente. Ed ecco l’idea. Facciamogli usare le conchiglie.”

“Le nostre conchiglie? E come?”

“Raduna gli altri, e stai a vedere.”

 

Ricchi e Naufraghi
 

“Allora, ve lo spiego un’altra volta,” disse l’uomo grasso. Si era arrampicato su una pila di casse, e parlava all’intero gruppo dei superstiti, che lo ricambiava con espressioni piuttosto scettiche.
“Da oggi in avanti,” disse lentamente “i baratti sono vietati.”
“Vietati? Ma hai battuto la testa?”
“Se vorrete comprare qualcosa, qualsiasi cosa,” proseguì, imperturbato “da uno chiunque di voi, la dovrete pagare in conchiglie.”

La folla ammutolì, shoccata per l’evidente enormità della cosa. Poi, un po’ alla volta, cominciarono a fioccare commenti sarcastici.
“Ah, sul serio? E quante conchiglie dovrei chiedere per un sacco delle mie mele?”
“E io, per una pecora?”
“E io, quante conchiglie dovrei pagare un bicchier di vino?”

L’uomo grasso alzò le mani: “Amici, amici! Non dovete preoccuparvi! Ognuno di voi è libero di fissare per la propria merce il prezzo che gli parrà più equo. Allo stesso modo, ognuno di voi sarà libero di offrire al venditore la quantità di conchiglie che riterrà più opportuna. Venditore e acquirente potranno accordarsi liberamente sul prezzo della merce.”

Sguardi interrogativi tra la folla.
“Libertà, libertà è la parola chiave,” rincarò la dose l’uomo grasso. “Questo è un sistema libero! Liberissimo! Talmente libero che lo chiamerei addirittura ‘liberista’, pensa un po’!
Da oggi in avanti sarà il rapporto tra domanda e offerta a fissare i prezzi. Sarà dunque il libero mercato a dirigere automaticamente i flussi delle conchiglie!

 
“Già, le conchiglie!” disse qualcuno. “E chi ce le darebbe, tutte queste conchiglie?”
“Non abbiamo mica tempo di andarcele a cercare. Dobbiamo lavorare, noi” disse qualcun altro.
“E poi mi sa che vi siate accaparrati voi due tutte quelle che c’erano in giro,” concluse una donna.

“Tranquilli, concittadini, tranquilli” disse l’uomo grasso. “Le conchiglie ve le daremo noi.
Diteci solo quante ne volete, e noi ve le presteremo volentieri.”

Presteremo? Volete pure essere pagati?”

“Pagati, che parolone. Vi chiederemo soltanto un piccolo contributo per compensare la fatica di averle raccolte, pulite e lucidate. Una cifra minima. Un contributo simbolico.
Diciamo l’1% annuo, okay? Lo chiameremo: ‘il costo della conchiglia’”.

“Quindi,” disse il falegname “se vi chiedessi in prestito 100 conchiglie…”
“…Eccole qui! Ora vai e vendi i tuoi mobili. Vendili a dieci, a cento, a mille conchiglie l’uno, quello che credi. Ricorda soltanto che tra un anno dovrai restituirci 101 conchiglie. Appena l’1% in più di quelle che ti abbiamo dato.”

“E se io ve ne chiedessi 200?” disse il contadino.
“…Tra un anno ce ne darai indietro 202. Sempre l’1% in più. E non farai certo fatica a guadagnare due misere conchiglie, con tutti quei bei frutti che hai da vendere!

Una ragazza alzò timidamente la mano, e disse: “Ma con questo sistema, tra un anno ognuno dovrà restituire le conchiglie che ha avuto in prestito, e saremmo daccapo!”

 
L’uomo grasso finse di riflettere, poi si diede una pacca sulla coscia e disse: “Hai ragione, figliola. Allora facciamo così: alla fine dell’anno vi terrete tutte le conchiglie. Ci restituirete soltanto gli interessi. E lo stesso per tutti gli anni a venire!”

“Quindi io tra un anno vi dovrei consegnare solo una conchiglia?” disse il falegname.
“E io soltanto due?” aggiunse il contadino.
“Proprio così,” sorrise l’uomo grasso. “Non è una favola?”

Gli astanti cominciarono a discutere animatamente la proposta. Per essere uno strumento così comodo, e libero, per commerciare, l’idea delle conchiglie pareva davvero a buon mercato.

 
Poi, tra la folla, si fece largo uno spilungone.
Aveva la faccia mezza bruciacchiata, denti da castoro, fronte bassa, e una maglietta male in arnese con, sul petto, la scritta “Da quando sono partito, a casa mia non c’è più lo scemo del villaggio”, e sulla schiena “Ora devono fare a turno”.

“Scusi, signor conchigliere.”
“Dica, amico mio.”
“Lei quindi è pronto a consegnare a questo tipo qui cento conchiglie, e duecento a quello là?”
“Proprio così.”
“E tra un anno si aspetta che loro vi diano indietro tre conchiglie?”
“Una conchiglia uno, due conchiglie l’altro: esatto.”
“Però saranno liberi di tenersi le trecento conchiglie, no?”

“Certamente. Non è fantastico? Naturalmente, nessuno dei due avrà in tasca lo stesso esatto numero di monete che io gli ho prestato: uno ne avrà guadagnate, uno ne avrà perse. Questo è il commercio. In ogni caso, loro dovranno restituire soltanto il misero 1% iniziale.”
“Bene, insomma tra tutti e due avranno ancora in tasca le trecento conchiglie. Ma voi ne volete indietro tre, e loro non potranno mai accontentarvi, perché non le hanno. Non è ovvio? Voi ne avete consegnate 300, e vi aspettate che a fine anno ce ne siano magicamente in giro 300 + 3. Impossibile”
Pausa.
“Voi state chiedendo la restituzione di un debito che non è fisicamente possibile risarcire, conchigliere.
Non esistono 303 conchiglie”.

 
L’uomo grasso chiuse la bocca, e fece la faccia di uno che ha ingoiato un limone. “Se è questo il problema, si risolve,” disse. “I due gentiluomini qui davanti potranno risarcirci in altro modo: con le loro merci, o con il loro lavoro. Vi assicuro che non mi arrabbierò se non dovessimo avere indietro subito, il primo anno, le nostre conchiglie.”

“Conchigliere,” disse lo scemo del villaggio, “il problema non è il modo di ripagarvi. Il punto è che voi avete raccolto trecento conchiglie, le avete date a questi due intelligentoni dicendogli che erano finalmente entrati nel mercato libero, e un anno dopo si ritrovano entrambi indebitati, costretti a lavorare per voi e a rifornirvi dei loro prodotti. Tutti e due. Quello che ha commerciato bene e quello che ci ha rimesso, allo stesso modo.
E il loro debito sarà eterno, impossibile da estinguere, perché non importa chi ha guadagnato e chi ci ha rimesso: le conchiglie reali nel vostro libero mercato saranno sempre 300, mai 303.”

“E va bene,” sbuffò l’uomo grasso “se proprio non vogliono lavorare per noi, allora che si facciano prestare le 3 conchiglie mancanti da qualcun altro.”

“Sì, da qualcun altro a cui comunque le avrà prestate lei. Magari gliene avrete date 400, per cui a fine anno sull’isola circoleranno 700 conchiglie, e in un modo o nell’altro gli abitanti del villaggio si troveranno a dovervene restituire 7, che non esistono. Per farla breve, ad ogni nuova persona che entra nel mercato, voi sarete sempre più ricchi, e loro sempre più indebitati.

“E va bene,”, grugnì allora l’uomo grasso. “Allora quando il debito di tutta queste gente sarà proprio insostenibile, faremo in modo di immettere in circolazione nuove conchiglie sul mercato. Va bene così?”
“Mica tanto,” disse lo scemo del villaggio. “Tanto per cominciare, per ogni 100 nuove conchiglie che cominceranno a circolare, il villaggio sarà debitore nei vostri confronti di un’ulteriore conchiglia di interesse, peggiorando ancor di più le cose. Inoltre, diventeremo tutti più poveri, perché se aumenta il numero di conchiglie in giro, automaticamente diminuisce il valore di quelle che ciascuno di noi è riuscito a risparmiare.”

L’uomo grasso cominciò a sudare. “Adesso gli propongo l’acquisto di un buono fruttifero basato sul numero di conchiglie che il villaggio non riesce a pagare,” pensò “non possono arrivare a capire anche questo.”
Ma l’uomo alto lo interruppe con un gesto preoccupato. Leggendogli forse nella mente, scosse la testa e gli sussurrò con un filo di voce: “Fermati. Mi sa che ci hanno sgamato.”

 

L’uomo grasso, tuttavia, non si perse d’animo. Indossò l’espressione più furente e disgustata che aveva in repertorio, e indicò lo scemo del villaggio al resto della gente, che assisteva in sbigottito silenzio.
“Lo sentite? Lo sentite??” tuonò. “Ecco a voi un magnifico esempio di arretratezza culturale, stupidità e grettezza. Quest’uomo non crede nel libero mercato, quindi è per definizione un illiberale.
Non solo: è anche un ignorante, un retrogrado, un antidemocratico, un no-global antiprogresso, antimonetarista e fondamentalista. Potenzialmente un terrorista. Di certo un comunista. Un rozzo e pericoloso individuo che non ha mai sentito parlare di macroeconomia, di Adam Smith, di Milton Friedman, della scuola di Chicago, della mano invisibile, di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e…

Le conchiglie del lupo

Scusate l’interruzione, ma a questo punto giova ricordare che questa è una storia, e le storie non hanno necessariamente a che fare con la realtà. Nelle storie succedono un sacco di cose strane, folli, fantasiose, improbabili.

In questa storia, per esempio, la gente del villaggio fece una cosa decisamente atipica.
Una di quelle cose che nella vita reale capitano molto di rado.

Quella gente, infatti, si ricordò per un attimo chi era, da dove veniva, e di un sacco di dettagli della propria vita precedente, di prima che l’aereo si schiantasse sull’isola. Quella gente ragionò, fece due conti, ma soprattutto decise di far uso della propria memoria, e delle lezioni che la Storia gli aveva ripetutamente (e dolorosamente) impartito.
Perciò, proprio in virtù del fatto che che questo è un racconto fantastico, quella gente decise che non aveva voglia di inciampare per l’ennesima volta nella stessa trappola in cui era già caduta, per l’appunto, già (n-1) volte, e scelse di girarci, astutamente, intorno.

 

Dall’assemblea riunita nella piazza del villaggio si levò allora una crepitante, lunghissima pernacchia.
“Ohè, banchiere!” gridò una voce. “Ci hai provato, bello, l’hai studiata bene. Anzi, c’eri quasi riuscito.”
“Ma a pensarci bene non abbiamo nessuna voglia di possedere le tue conchiglie,” disse un’altra. “Troveremo un altro modo per scambiarci le merci, qualcosa che non costi niente.”
“E soprattutto” disse un terzo “qualcosa che non arricchisca smisuratamente un parassita come te. Uno che non taglia alberi, che non coltiva, che non produce utensili, che non insegna, non cura, non intrattiene e non spazza nemmeno le latrine.”
“Uno che, di fatto, non serve a niente.”

Le cose si stavano mettendo male. Qualche bastone fece la sua comparsa tra le teste della folla rumoreggiante, e cominciarono a volare uova marce e improperi.
Terrorizzato, l’uomo alto si fece avanti, con la voce tremante e le mani ben in alto: “Amici… concittadini… compagni… Cercate di mantenere la calma. Dopotutto, stavamo solo cercando di aiutarvi. Avevamo notato le vostre difficoltà a gestire la nostra piccola economia, e abbiamo cercato di venirvi incontro con un’idea innovativa…”

Un omone enorme si parò al’improvviso davanti ai due.
Aveva la maglia simile a quella dello scemo del villaggio, ma sopra c’era scritto: “Scemo è quell’altro. Io sono incazzato.”
“Ehi, voi due,” disse. “La volete un’idea davvero innovativa?
Innovativa, e oltretutto gratuita.
Eccola qua
(è molto semplice):
Piantatela di vivere alle spalle di noi tutti.
Andate a LA-VO-RA-RE!!!

La folla esplose in un boato, e in un attimo cominciò a volare di tutto verso i due compari, che, fatto un rapido dietro-front, si diedero ad una ingloriosa ritirata a gambe levate.
Lo scemo e l’incazzato, con dietro tutti gli altri, li inseguirono per qualche minuto, poi, soddisfatti, li abbandonarono al loro destino e fecero ritorno al villaggio.

 

Sulla via del ritorno, lo scemo commentò: “Non è incredibile? Hanno cercato di fregarci, e hanno pure provato a farlo passare per un favore.”
“Da non credere,” rispose l’incazzato. “Da gente libera e tranquilla che siamo, nel giro di un anno ci saremmo trovati a essere tutti debitori. E insolventi.”
“Schiavi, praticamente.”
“Schiavi, al cento per cento.”
“Senza nessuna possibilità di ripagare il nostro debito,” aggiunse lo scemo.
“Che oltretutto non esiste,” corresse l’incazzato.
“Un debito fantasma, che sarebbe cresciuto inesorabile ogni anno,” disse il primo.
“Un debito che avremmo passato, ingigantito, ai nostri figli.” aggiunse il secondo.
“E loro ai loro, sempre più incolmabile.” proseguì lo scemo.
“E senza averlo mai sottoscritto, e senza avere mai chiesto qualcosa in cambio.” completò l’incazzato.
“E volevano pure venderci gli interessi su questo debito, e la proprietà di titoli che certificano l’impossibilità di saldarlo.”
“Pazzesco.”
“Surreale.”
“Davvero. Io mi chiedo soltanto una cosa, amico mio:

Come si può anche solo pensare che esista in giro della gente talmente fessa da lasciarsi abbindolare da un imbroglio del genere?”

 

Discussione

4 pensieri su “E se il debito pubblico non fosse altro che un mollusco bivalve?

  1. Niarb. Questo è davvero un capolavoro.

    Piace a 1 persona

    Pubblicato da Haldeyde | 24 ottobre 2016, 12:52 PM
  2. Geniale 🙂

    Piace a 1 persona

    Pubblicato da eric balossini | 25 ottobre 2016, 1:09 am
    • Molto gentile, Eric! In effetti anch’io trovo assolutamente geniale l’idea, e mi spiace proprio che non sia mia.
      Fottere in maniera sistematica gente consenziente è una roba che, a parte a Rocco Siffredi, non riesce mica a tutti.

      E invece noi non ci troviamo niente di strano a nascere già debitori, a passare la vita a cercare di ripianare questo debito che, nel frattempo, continua inesorabile a crescere, e il tutto senza avere bene idea del perché alla fin fine siamo indebitati (e che cacchio avremo mai comprato di così costoso??) e senza neanche considerare che, se TUTTI i paesi del mondo hanno un debito (perché è così), allora il creditore non può che essere qualcuno che non è di questo mondo. Forse Alien?

      Assomiglia un po’ alla faccenda del senso di colpa cattolico: nasci già marchiato col peccato originale, e devi passare il resto della vita a pentirti, espiare, fare sacrifici, chiedere scusa…

      Grazie per il commento, spero di risentirti!

      Piace a 1 persona

      Pubblicato da niarb | 27 ottobre 2016, 9:18 am

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