Questa è la seconda e ultima parte dell’articolo “Cari extraterrestri (ovvero: Come costruire un impero in 7 semplici mosse)“.
Se non l’hai letto, forse è meglio partire di lì.
Cari amici alieni, siamo certi che la strategia in sette passi che vi abbiamo illustrato nella Parte 1 di questo messaggio intergalattico sia riuscita a trasformarvi nell’enclave più ricca e potente del vostro pianeta.
Come ricorderete, vi abbiamo spiegato come prelevare denaro dalle tasche dei vostri concittadini per depositarlo nei conti correnti delle vostre aziende private.
E vi abbiamo insegnato a farlo in modo non solo perfettamente legale, ma addirittura sotto le bandiere dell’altruismo internazionale e della cooperazione “umanitaria”.
(Umanitario, ora lo capite, non è un termine tirato a caso. Eh eh eh, noi umani siamo decisamente delle sagome.)
Infine, abbiamo chiarito come essere ricchi significhi automaticamente essere potenti, perché in veste di creditori internazionali potrete pretendere dagli stati “aiutati” le concessioni più fantasiose.
Notate che tutto questo baraccone del libero mercato e della cooperazione internazionale funziona in modo così esemplare perché di fatto viaggia a doppia velocità. Da un lato fa arricchire voi, dall’altro fa impoverire gli altri.
In altre parole, accumulare denaro pubblico in conti correnti privati è solo una faccia della medaglia. L’effetto parallelo, ugualmente desiderabile, è l’impoverimento pilotato di paesi altrimenti sani.
Infatti, ricordate quanto ci siamo detti sulla cacca delle mucche? Anche per le nazioni è esattamente la stessa cosa: senza un nutrito esercito di poveri e disperati su cui far conto, nessuna economia degna di questo nome può prosperare.
Ecco come funziona.
Quando un paese sovrano commette l’errore di accettare un prestito internazionale fa lo stesso errore di quegli sprovveduti pieni di debiti che si rivolgono a uno strozzino. Non si rende conto, cioè, che il prestito non è che il primo passo di un’inevitabile spirale di interessi crescenti, richieste impossibili, minacce, ricatti, e ulteriori indebitamenti che alla fine portano il debitore all’autodistruzione.
I paesi “aiutati”, infatti, per riuscire a ripagare il debito (o anche solo i suoi interessi) si vedono costretti a mettere insieme ingenti quantità di denaro in tempi brevissimi. E questo si può ottenere solo alzando le tasse e tagliando alcuni servizi.
Per voi prestatori si tratta di un’ottima notizia: togliendo soldi ai lavoratori e privandoli di alcuni servizi gratuiti otterrete automaticamente la produzione di una classe di poveri e disperati, che prima ovviamente non c’erano.
Ma si può fare di meglio. Di solito aumentare le tasse e chiudere qualche ospedale non è sufficiente. Bisogna continuare a tagliare.
(Per la cronaca: “tagliare” è un termine fuori moda. “Attenersi a una politica di rigore e austerità” è molto più sexy.)
Di solito il secondo giro di vite prende di mira scuola, università e ricerca scientifica, astutamente considerate voci di bilancio “non di sopravvivenza”.
Un’altra ottima notizia. Con questi tagli, infatti, si segano definitivamente le ginocchia al paese obiettivo, perché senza un efficace sistema di istruzione pubblica e di ricerca di base si preclude matematicamente qualsiasi possibilità di riscatto futuro.
Che cosa mai potrà succedere, allora?
Facile: crescerà la disoccupazione, l’inflazione andrà alle stelle, la borsa adotterà un andamento schizofrenico, i telegiornali cominceranno a parlare di spread, e monterà la tensione sociale.
Nel giro di pochi anni, quello Stato entrerà ufficialmente nella lizza dei paesi del terzo mondo – recentemente ribattezzati (che fa molto più ridere) paesi “in via di sviluppo”.
(Fa ridere, perché in effetti dovrebbero essere chiamati “paesi che sono stati sbattuti via dallo sviluppo”. E a calci nel coccige.)
Ma eccoci al dunque. Questo meraviglioso sistema ha un punto debole.
Come ricorderete, nel messaggio precedente la perla numero 4 diceva “Aspettate pazientemente che uno Stato straniero abbia bisogno di un prestito”.
Bene. E se questo non accade?
D’accordo che, come diceva San Mick Jagger, “il tempo è dalla nostra parte”, ma perché aspettare seduti sulla riva del fiume, quando potrebbe bastare una piccola spintarella per vedere immediatamente il cadavere del nostro avversario galleggiare placido verso il suo destino?
Perché sprecare tempo aspettando una ricchezza che è già lì, e implora solo di essere colta?
Altro che aspettare. Mettete subito in atto il Piano A.
Spedite nel paese-bersaglio degli appositi specialisti, che potrete a vostra scelta chiamare “economisti”, “consulenti”, o più ironicamente “organizzazioni umanitarie”.
Questi esperti avranno il compito di incontrare i governanti locali per convincerli ad accettare il programma di aiuti (il famoso prestito iniziale).
A volte potrà capitare che tali governanti possano mostrarsi recalcitranti, se non decisamente avversi, all’idea di indebitarsi.
In tal caso, i consulenti avranno mandato per ricoprirli d’oro, loro e i loro discendenti.
Niente di meglio di una famiglia favolosamente ricca alla guida di un paese favolosamente povero per assicurarsi riconoscenza e lealtà imperiture.
(Con le dittature si ragiona tradizionalmente bene, cari marziani. Obiettivi chiari, bisogni semplici, decisioni rapide. Con le democrazie invece non la si finisce più di blaterare.)
Se però vi doveste trovar di fronte un nazionalista fanatico, testardo e incorruttibile, sarà necessario ritirare i consulenti e lanciare il Piano B.
Il piano B si può sintetizzare in: “Peggio per te. Potevi diventare ricco. Adesso invece diventi morto”.
Per un buon piano B ci si può affidare alla mano d’opera locale, oppure si possono mettere in campo i propri specialisti.
Un rapido colpo di stato, un incidente d’auto, un aereo che cade, un proiettile vagante, una meringa avvelenata e oplà, il problema è rimosso.
E una volta in carica il sostituto del caro estinto, potrete ricominciare le trattative e ripartire dal Piano A.
Se poi, infine, anche il Piano B dovesse fallire, niente panico. Il Piano C è una certezza.
Il piano C, è quasi superfluo ricordarlo, è l’esercito.
Sarà sufficiente inventarsi un qualche pretesto (documenti photoshoppati, armi di distruzione di massa invisibili, risaie scambiate per campi di addestramento per terroristi, e al limite un attentatino autoprodotto) e il più è fatto. A questo punto basterà dare la molla ai droni, paracadutare qualche migliaio di ragazzoni armati fino ai denti… e lasciare che la natura faccia il suo corso.
L’esercito va, bombarda, distrugge, rade al suolo, e nel giro di poche settimane il territorio di quella canaglia di uno stato che non aveva voglia di partecipare al vostro libero mercato verrà meticolosamente ridotto ad una splendida tabula rasa, su cui avviare una lucrosa ricostruzione.
Il piano C, va detto, costa un po’ di più. Anche in termini di vite umane (o, nel vostro caso, aliene).
Ma questo per fortuna è un problema quasi completamente circoscritto alle unità civili. Niente di cui preoccuparsi.
In compenso, è un piano che piace moltissimo alle aziende produttrici di armamenti, che apprezzano sempre molto chi le aiuta a svuotare i magazzini.
E piace tantissimo anche alle compagnie a cui verrà appaltata la ricostruzione.
In ogni caso, insomma, aspettatevi una tangibile riconoscenza.
Concludendo, cari amici extraterrestri, noi potenti di questo pianeta non vediamo l’ora di intrattenere con voi interessanti rapporti commerciali.
Auspichiamo con tutto il cuore (e tutto il portafoglio) che vogliate rapidamente adattare le vostre modalità operative al nostro redditizio e infallibile sistema di libero mercato.
Come diceva infatti Carroccio Siffredi, la famosa pornostar leghista, “i rapporti migliori sono quelli che hai con gente della tua stessa razza”.
Approfittiamo infine di questa amichevole chiaccherata per chiedervi se avete pensato ad assicurarvi contro i rischi da parcheggio del disco volante in area pubblica.
Come saprete, per quanto si dia da fare, il nostro governo non riesce a controllare tutti i criminali e gli esaltati che ci sono in giro. Ogni giorno i giornali raccontano di astronavi aliene danneggiate, o rubate, o misteriosamente esplose nel corso della notte.
Per queso motivo siamo lieti di offrirvi a tariffa d’occasione il nostro pacchetto di protezione Kasko Interplanetar 24 ore su 24, che comprende anche servizio di scorta ed eventuale sostentamento dei vostri familiari in caso a voi succedesse qualcosa di spiacevole.
Certi di una vostra pronta adesione, ci permettiamo di allegare alla presente l’IBAN di riferimento.
E, nell’attesa, baciamo i tentacoli.
Ispirato da una infinità di libri, articoli, documenti e documentari. Tre su tutti: “La globalizzazione e i suoi oppositori”, di Joseph Stiglitz (2002); “Confessioni di un sicario dell’economia”, di John Perkins (2004); “Shock economy”, di Naomi Klein (2007).
Bel post, mi piace! 🙂
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Grazie! Benvenuto da queste parti!
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grazie a te, se ti va potremmo seguirci a vicenda 🙂
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Ottima idea. Io in realtà avevo già provveduto.
(Però occhio: seguirsi a vicenda non è mica una cosa semplice. Occorre camminare sempre in cerchio.) 🙂
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hahahahahahahhahahahahahah molto divertente hahahah 🙂 🙂 pure io hehehe se ti va dai un’occhiata ai miei racconti sul blog e fammi sapere che ne pensi 🙂
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