Lo so, lo so. Non è il mio mestiere.
Però ve ne dovevo assolutamente parlare, anche perché il tempo stringe.
Cari Afterfindusiani, se per caso vi capita di passare dalle parti di Parma, Italy, in questi roventi giorni di fine giugno (sì, va bene, io scrivo da un futuro remoto, tutto freddo e ghiacciato, però cavoli: lasciate che per una volta mi immedesimi nei vostri tempi burloni, Zio Pack!), se passate dalle parti di Parma, dicevo, non potete assolutamente perdervi la mostra “Divina Commedia” presso la Fondazione Magnani Rocca, in quel di Traversetolo.
Lo ripeto, non sono un critico d’arte. Sono un critico e basta. E quindi non ho i mezzi per fare paragoni arditi, né per stupirvi con recensioni dotte e tecnicismi giuliocarloarganiani. Però non posso fare a meno di gridarlo ai quattro venti: ho visto questa mostra, e la mascella ancora mi penzola.
Fatevela penzolare anche voi, se vi va. Se l’arte grafica ha un seppur minimo impatto sulle vostre sinapsi, catapultatevi. Mi ringrazierete.
La suddetta Fondazione è una splendida villa persa nelle campagne parmensi (una mezzoretta scarsa da una qualsivoglia autostrada), con un bellissimo giardino allietato da gruzzolo di pavoni bianchi, blu, e uno principe di Galles (che, mi hanno spiegato, era in origine un normale pavone bianco ma una sera è inciampato, ed è finito sulla griglia del vicino ristorante). La mostra è dedicata a tre illustratori della Divina Commedia: l’arcifamoso Gustave Doré, che tutti conosciamo (vero?), Francesco Scaramuzza, decisamente meno noto, e il per me assolutamente sconosciuto (fino ad oggi) Amos Nattini.
Le incisioni di Doré, bellissime, sono le illustrazioni per antonomasia del poema di Dante. Tratto fulminante, atmosfere immaginifiche, invenzioni fantasmagoriche. Le opere di Scaramuzza, a un becero profano come il sottoscritto, appaiono altrettanto belle: tecnicamente perfette, ricche di fantasia, ineccepibili.
E fin qua, mostra di prim’ordine, cervello felice, libido sotto controllo.
Ma dopo una rampa di scale, bum! Un’esplosione di luci e di colori, di scene straordinarie, di idee semplicemente geniali, di AAArte con tre “A”, tutte maiuscole e profumate di ambrosia. Il bunga-bunga della ghiandola dell’estetica.
Davvero, non sapevo niente di Amos Nattini. E niente vi dirò: se volete delle informazioni biografiche, ve le andate a leggere sul sito della Fondazione, o dove vi pare. Vi dico solo che ha dipinto questi spettacolari 100 acquerelli (uno per ogni cantica della Commedia) tra il 1919 e il 1939: dieci anni per l’Inferno, sei per il Purgatorio, due per il Paradiso. Una progressione che la dice tutta.
Il soggetto dei quadri ve lo potete immaginare, ma è la tecnica, santapace, che è stellare.
Corpi muscolosi come i supereroi della Marvel. Donne sensuali e disperate, un mix tra Gaugin e Manara. Mostri e mostrini, a metà tra il Signore degli Anelli e le copertine degli Iron Maiden. Atmosfere fantasy erotiche e rarefatte come nelle illustrazioni di Boris Vallejo. I paesaggi di Pianeta Rosso e quelli di Avatar. E poi le masse umane di Mordillo, i vortici di colore di Van Gogh, le sciabolate di luce di Rembrandt, le figure dark alla Frank Miller, le prospettive paesaggistiche di Canaletto, William Turner e Terragen Classic, le inquadrature sghembe della Pixar, il dettaglio di certi particolari che solo la mia antica Olympus Miu riusciva a ottenere, prima che quel tassista figghientrocchia me la facesse sparire, con dentro tutte le foto del Titicaca.
Purtroppo le riproduzioni che ho trovato googlando qua e là non rendono l’idea. Ma così come sono convinto che il fine ultimo dell’invenzione del pianoforte fosse l’ouverture di “New York City Serenade” di Bruce Springsteen, allo stesso modo credo che, alla morte di Nattini, l’acquerello avrebbe dovuto essere bandito, per legge.
Argh, mi sento meglio. Ve lo dovevo dire. Se vi sbrigate ad andarci, il catalogo ve lo tirano dietro a prezzo stracciato. E occhio perché è un susanello da cinque chili.
Se doveste andare dopo il primo di luglio, però, sappiate che troverete soltanto i pavoni.
E vedrete che su quello principe di Galles non raccontavo balle.
Finalmente informazioni interessanti.
Vorrei provarci, ma CASPITERINA non potevi farlo prima sto accidenti di servizio di critico d’arte????
🙂 🙂
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Hai ragione, ma cosa posso mai farci? Passo la vita a scavare, testa bassa e giù di piccone. Ho un bel nasone ghiacciato, e non lo alzo mai verso il cielo.
A Daniè, bisogna coglier l’attimo!
(E poi, in fondo, non volevo farvi uno Sgarbo…)
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(rofl) …ma anche 😉
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come cavolo si fa a mandare una faccina dove mi rotolo da ridere?
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Beh, facile: ti piazzi davanti alla webcam, fai la faccina in cui ti rotoli dal ridere, poi clicchi “Invia a…” e ci metti “afterfindus@gmail.com.
…Non vedo l’ora di postarla! 🙂
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