Quando ho cominciato a fare l’archeologo, sapevo che prima o poi avrei avuto a che fare con gli ossi.
Intendiamoci: non sono uno di quei parrucconi in sahariana che sforacchiano i prati in cerca di vecchi scheletri o reliquie animali di altro tipo. Il mio mestiere è recuperare manoscritti, libri, trasmissioni televisive, film.
Eppure, pensavo, prima o poi qualche osso toccherà anche a me – scavando, sono cose che capitano. Però mi aspettavo di trovare le solite cose: tibie di dinosauro, costole di pterodattilo, crani di mammuth, menischi di centravanti. Non mi aspettavo tutti questi ossi neri.
“Ossi neri” è il modo in cui li chiamo io. “Ossi mori“, od ossimori, è il modo in cui li chiama pressoché chiunque altro. Ho installato sul mio iGloo un piccolo dizionario dell’antico italico, una “app” (Assurdo Piccolo Programmino, o Applicazione Piccola, Puttanatina) chiamata Zan iKelly, che alla voce “ossimoro” dice:
[voce dotta, dal greco oxýmoron, ‘acuto sotto un’apparenza di stupidità’, composto da oxýs, ‘acuto’, e morós, ‘stupido’ ]
Figura retorica che consiste nel riunire in modo paradossale due termini contraddittori in una stessa espressione; per es.: “un silenzio assordante”; oppure l’espressione “colme di nulla” in: “con le braccia colme di nulla, / farò da guida alla felicità” (G. Ungaretti).
Bello l’esempio di questo Gungaretti. Un antico bibliotecario, Jorge Luis Borges, definiva gli ossimori figure retoriche in cui “si applica ad una parola un aggettivo che sembra contraddirla; così gli gnostici parlavano di una luce oscura; gli alchimisti di un sole nero”. Parecchio tempo prima di Borges e Gungaretti, un tale Francesco Petrarca scrisse “O viva morte, o dilettoso male”. Parecchio tempo dopo, il regista Stanley Kubrik immortalò le chiappe di una famosa attrice australiana (Nicoletta Uomobimbo) in un film intitolato ossimoricamente “Eyes wide shut” (Occhi chiusi sbarrati), mentre il regista Lawrence Kasdan immortalò quelle dell’attrice americana Caterina Giratore nell’ossimorico “Brivido caldo”.
(La pratica di immortalare chiappe aveva evidentemente un forte simbolismo ossimorista.)
In letteratura gli esempi di ossimori si sprecano: “tenebra luminosa”, “ghiaccio bollente”, “lucida follia”, e via di questo passo. Uno dei più famosi strumenti musicali del passato aveva un nome quanto mai ossimorico: “pianoforte”. E naturalmente non si può non citare il famoso teologo romagnolo Daniele Luttazzi, che parlò di “acqua che asciuga” e “merda che pulisce”.
Il fatto è che nel tardo XX secolo, e più che mai nel XXI, gli ossi mori conobbero una diffusione mai vista. Si direbbe quasi che l’osso moro costituisse un elemento portante della cultura del tempo, una sua icona, un simbolo potente. Ma con una caratteristica fondamentale e un po’ sinistra: mentre nei secoli precedenti gli ossimori venivano usati per provocare una reazione, per scuotere e stupire, nel XXI spesso persero la loro natura provocatoria e paradossale, ed entrarono a far parte del linguaggio comune. In Italia e nel resto del mondo, sono tantissimi i casi di ossi neri clamorosi, usati però come espressioni logiche e perfettamente normali.
Qualche esempio? Beh, che ci crediate o no ho scovato tra i ghiacci pubblicità di “automobili ecologiche”, “bevande dietetiche”, e “birra analcolica”.
Ho letto articoli di giornale su “benzina verde”, “carbone pulito” e “realtà virtuale”.
Ho trovato brandelli di film su “morti viventi” e spezzoni di “reality show” (che non erano documentari).
Ho letto programmi universitari di “scienze politiche”.
Ho trovato romanzi polizieschi che parlavano di “inchiostro invisibile” e di intrighi ambientati in lussuose ville “neoclassiche”.
Ho sentito governanti parlare di “politicamente corretto” e di “convergenze parallele”.
Ho sentito banchieri parlare di “finanza etica” e di “paesi in via di sviluppo” (significava: paesi alla canna del gas).
Ma è in campo politico-militare che gli ossi neri trionfavano. Mucchi, colline, montagne di ossi neri. Ne sto trovando talmente tanti che mi chiedo quale bizzarra concezione del mondo potessero avere i semplici mortali di quegli anni. L’iGloo ha la batteria quasi scarica, per cui non li annoterò adesso. Ma lo farò prestissimo.
Il collega Nemo (profeta in patria) è convinto che l’uso degli ossi neri non fosse casuale, ma rispondesse a una precisa (e antichissima) esigenza delle élite dominanti: confondere le masse, invertire la realtà, fare in modo che la gente accetti passivamente concetti o fatti concreti che, normalmente, scatenerebbero proteste e ribellioni. Questo metodo per provocare confusione mentale e, di riflesso, apatia è quello che Orwell in “1984” chiama “bispensiero”.
Lo so, ne ho già blaterato (qui, per la cronaca), ma non posso fare a meno di ripetere in questa sede i tre splendidi ossi neri orwelliani:
2. La libertà è schiavitù
3. L’ignoranza è forza
Nemo (profeta in patria) chiama questo processo con il termine tecnico di “shit candywrapping” (lett.: “avvolgere la cacca in carta da caramelle”). Funziona più o meno così:
– Prendi il concetto sgradevole (es. cacca).
– Associagli un aggettivo nobile e qualificante (es. dolce, saporita, succosa, dietetica, energetica).
– Incarta il concetto iniziale nell’aggettivo nobile e qualificante, facendone un tutt’uno (è l’operazione di “candywrapping”).
– Somministra il messaggio completo (cacca travestita da caramella) alle masse, facendo ben attenzione ad usare canali massmediatici ad alta diffusione e alta intensità, con ritmo martellante.
– In un primo momento, indurrai nelle persone un senso di confusione, di disorientamento (cacca? ma allora perché la incartano?).
– Con il passare del tempo, il disorientamento verrà subdolamente riconvertito dall’ipnosi mediatica in un concetto non più confuso, ma nitidamente positivo (ha una carta sbarluccicante e una scatola fichissima: deve essere una delizia. Lo dice anche -inserire il nome del sex symbol di turno- alla TV!).
Questo spiega come esseri senzienti, in taluni casi addirittura provvisti di titolo di studio e patente per la conduzione di veicoli, potessero parlare di benzine amiche dell’ambiente o di carbone che non inquina, senza esplodere in sghignazzate di proporzioni omeriche.
L’esposizione al tanfo venefico degli ossi neri non perdona: dopo un tempo neanche tanto lungo, il naso dell’intelletto si abitua all’odore, e comincia ad accettarli come frasi logiche, realtà assodate e (che il Gran Pinguino mi perdoni) concetti coerenti.
Del resto, c’è una illuminante centuria di “1984” che, come sempre, spiega tutto:
“La mente gli scivolò nel mondo labirintico del bispensiero. Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale proprio nell’atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l’unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo. Soprattutto, saper applicare il medesimo procedimento al procedimento stesso. Era questa, la sottigliezza estrema: essere pienamente consapevoli nell’indurre l’inconsapevolezza e diventare poi inconsapevoli della pratica ipnotica che avevate appena posto in atto. Anche la sola comprensione della parola “bispensiero” ne implicava l’utilizzazione.”
Quindi, niente di nuovo. Non mi resta che far pulizia nel mio ripostiglio, e cercar di mettere in fila questa valanga di ossi neri.
“enza esplodere in sghignazzate di proporzioni omeriche.” … ovviamente parlando di ossi-neri ti riferisci alle proporzioni dell’osso del braccio, l’ho capito subito!
Riguardo ad Orwell scopro che considerava Sartre “un pallone gonfiato” … e cosa più sconcertante sembra sempre più che Sawyer (quello di Flash Forward) insista sempre più nella sua visione critica della privacy e ora anche di Orwell. Credo lo faccia per non ritenere “chiusa” la questione, farci pensare, tenerla aperta per non essere talebani in nessuno dei due sensi… preferisco pensarla così; però… mmh….
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Oops, l’osso autore dell’Iliade mi era sfuggito, ammetto… Notevole, uno a zero.
Passi per le diatribe tra Orwell e Sartre, ma Sawyer non era quello che molestava la bella Kate sull’isola semovente?
Scusa ma non ho visto Flash Forward: i miei studi si fermano a Flash Gordon, famoso feticista ipertiroideo, e a Fast Forward, famoso pulsante del videoregistratore usato per schivare le pubblicità.
Non vorrai mica suggerire una relazione illecita tra questi due miei eroi, vero??
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ecco, questo è il mio sguardo di fronte al tuo citazionismo che mi lascia il segnale tuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuut nel cervello:
@___@
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🙂
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mi piace, e tanto, questo labirinto!!!!
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Grazie mille Germana, spero proprio che ti ci perderai – in senso lato, ovviamente. 😉
E benvenuta su Afterfindus!!!
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